SCUOLA UCSI A FIUGGI: Architettura dell'informazione con Federico Badaloni

fotoI nuovi processi di produzione delle notizie ci consentono oggi di creare una dieta mediatica altamente personalizzata. Attraverso software come feedly o zite infatti ogni utente è in grado di crearsi un readers personalizzato che gli consenta di collocare all’interno di un unico contenitore tutte le informazioni (caratterizzate per contenuto) che gli interessano.

“Quello che l’Architettura dell’Informazione mi ha insegnato - ha esordito Federico Badaloni - è che la conoscenza non è mai un contenuto, piuttosto è un ecosistema il cui valore è dato dal totale dei contenuti che vi sono, sommato al totale delle relazioni che essi instaurano (o possono instaurare) grazie alle persone che accedono all’ecosistema stesso”.

Ma in base a quali criteri archiviare il contenuto? A che fine? Quali parole-chiave utilizzare per descriverlo? A che fine? Come fare in modo che il contenuto sia in cima alle pagine di risultato di Google? Per correlare cosa inserire i link? Quanti elementi correlare? Come condividere il contenuto nei social network in maniera efficace? Come gestire e rappresentare storie che nascono dall’aggregazione di grandi moli di dati? Come costruire una narrazione multimediale?

A queste e altre domande ha risposto Federico Badaloni, Presidente dell’Associazione di Architettura dell’Informazione, intervenuto alla Scuola Ucsi di alta formazione al giornalismo in corso a Fiuggi.

Produzione di contenuti digitali

“Il fatto che gli utenti arrivino ad un sito attraverso contenuti specifici – continua Badaloni - non è una novità. Eppure continuo a notare una forte resistenza nei “committenti” ad abbandonare l’idea che la homepage sia IL punto di ingresso. La porta con il pomello di ottone lucidato. E’ un punto cruciale, questo, perché  informa tutta la concezione di un sito”.

Dal punto di vista dei giornalisti che giorno per giorno producono informazione in un contesto digitale, essere rilevanti significa dirottare gran parte delle energie che prima erano impegnate a curare la forma, cioè la rappresentazione dell’informazione, sull’attività di cura della sua struttura, sulla meta-descrizione e sulle attività che consentono o impediscono alle singole unità informative di sviluppare legami.  È una rivoluzione che non ridefinisce solo le competenze dei singoli, ma anche la composizione delle redazioni, il flusso di lavoro e l’assetto produttivo generale della comunicazione.

La posta in gioco

Non affrontare i temi  della nuova relazione con il limen spazio-temporale e della cross-canalità significa continuare a sfornare prodotti giornalistici che, sebbene pubblicati in formato digitale, sono pensati e realizzati secondo i criteri della comunicazione analogica. Sono tutti quei prodotti dove il senso, il significato di un insieme di informazioni viene espresso attraverso una rappresentazione invariabile delle relazioni formali, cioè con un unico layout, un unico device di fruizione e un criterio invariabile di correlazione fra le parti.

Rilasciati in un ecosistema digitale, questi prodotti giornalistici sono condannati a rimanere ai margini del flusso di condivisione della conoscenza. Ma - attenzione - non per una sorta di condanna ideologica: la rete non ha ideologia. Si tratta di un fatto, per così dire, dovuto alla “meccanica”, al funzionamento specifico dell’ecosistema stesso.

I contenuti sono lo strumento necessario per generare valore, ma il valore nasce dalle interazioni che si creano tra i contenuti e tra le persone.

Una questione di fiducia

È necessario oggi che ogni giornalista abbia consapevolezza e conoscenza sufficienti per operare sulla  “struttura” dei contenuti stessi.

È su questo terreno che si guadagna la fiducia e quindi l’autorevolezza nell’ecosistema digitale. È una partita nella quale non esiste più la possibilità di utilizzare il controllo dei mezzi di produzione come una risorsa, semplicemente perché non è più possibile esercitare alcun controllo su di essi. Una partita nella quale l’esperienza nel creare, comprare e vendere l’attenzione delle persone maturata in anni di comunicazione analogica non dà nessun vantaggio competitivo, poiché la moltiplicazione e la frammentazione dei percorsi di connessione fra le informazioni ne rende impossibile l’attuazione.
La fiducia infatti è l’unica vera moneta di scambio in un ecosistema dell’informazione basato su una rete che per definizione è una rete di eguali.

In un ecosistema del genere è la capacità delle imprese e delle redazioni di immaginare, progettare e determinare una esperienza di interazione fruttuosa e piacevole con l’informazione a fare la differenza.

Comunicare i contesti

Come è possibile costruire un sistema di relazioni collegando i contenuti presenti nella stessa rete? Si tratta di un aspetto cruciale per la comunicazione, perché mentre sulla carta siamo abituati a capire il ruolo e l’importanza delle diverse informazioni in base al modo in cui sono poste in relazione le une con le altre all’interno di una pagina; in radio e in tv da come sono ordinate in un determinato lasso di tempo; online tutto questo è espresso in termini di “prossimità” rispetto al punto di osservazione dell’utente. La prossimità, cioè la disponibilità più o meno immediata di una rosa di contenuti rispetto a ciò che si sta osservando è lo strumento principale per rappresentare ciò che chiamiamo “il contesto” di un’informazione. La terza e ultima parte è dedicata ai processi di lavoro.

Analogico e digitale

La scaletta di un telegiornale, il timone di un giornale ma anche una sua singola pagina sono sistemi di rappresentazione dei rapporti di forza e di rilevanza fra gli elementi che si trovano “all’interno”. Nella rappresentazione spaziale della carta stampata, ad esempio, l’elemento che si trova in prossimità del limite alto a sinistra è di solito più importante di quello che si trova in basso a destra, così come un elemento che occupa una porzione maggiore dello spazio a disposizione è più importante di uno che ne occupa uno minore. In questo “sistema”, il bordo fisico della pagina è un limen, un confine tangibile che separa il detto dal non detto, il bordo oltre il quale “non c’è nulla” e quindi c’è tutto ciò che viene ritenuto irrilevante.

Nell’ecosistema digitale lo spazio è tanto esteso da non consentire di usarne il limite in maniera significante, e anche il tempo della rete non può essere utilizzato in questo senso perché fisso in un eterno e infinito presente. Per queste ragioni il modo più efficace di esprimere l’inclusione, l’esclusione e la rilevanza di un’informazione rispetto alle altre è utilizzare il concetto di “connessione”.

Le conseguenze sulla comunicazione

Nell’ecosistema della comunicazione digitale ci sono due differenze sostanziali rispetto a quello in cui si svolge la comunicazione analogica.

La prima è che la logica delle relazioni che tiene insieme i vari elementi informativi è un sistema aperto e in grado di evolvere grazie alla possibilità costante di accogliere nuove connessioni e di perderne altre che diventano meno rilevanti.  In termini giornalistici questa caratteristica offre l’opportunità di trattare la “notizia” come un processo in continua evoluzione, non come una fotografia della realtà quale appariva a una certa ora del giorno o della notte. È proprio in base alla direzione e all’intensità con cui avviene questa evoluzione che le persone deducono in rete la qualità della cura giornalistica e l’importanza attribuita alla notizia.

La seconda differenza è che la struttura delle relazioni che lega e contestualizza i vari elementi non è più espressa in base alla dimensione e collocazione che essi hanno rispetto al limen spaziale o temporale, ma viene espressa sotto forma di rapporti di maggiore o minore prossimità rispetto al particolare punto di ingresso nella narrazione seguito dall’utente. La maggior parte di coloro che entrano in relazione con un sito infatti non lo fa attraverso la homepage, ma attraverso le pagine di dettaglio dove avviene la narrazione di una vicenda specifica. Sono proprio queste pagine che vengono proposte e condivise più frequentemente da amici e colleghi via mail o attraverso i social network; sono sempre le pagine di questo tipo che compaiono più di sovente nei risultati delle ricerche che compiamo su Google.

In questo contesto è dunque fondamentale creare ogni contenuto in modo tale che possa funzionare come una piccola homepage dedicata a un tema specifico o a una sua “tappa” evolutiva, dalla quale sia cioè possibile partire per esplorare nuovi contenuti e nuovi significati correlati con il contenuto originale della pagina. Questo non significa soltanto produrre ma anche selezionare e curare contenuti, introdurre link e rendere possibile a chi è interessato una selezione del meglio che il sito stesso o la rete ha da offrire. E’ proprio in questa attività che una buona Architettura dell’Informazione fa la differenza, perché consente di reperire rapidamente i contenuti prodotti, di interrogare e sfruttare in maniera efficace gli archivi mettendo il sistema editoriale in condizione di suggerire le correlazioni in maniera automatica, di offrire agli utenti la possibilità di condividere tutta la narrazione o parte di essa, di dialogare in maniera efficiente ed efficace con gli utenti e di estrarre un delta di valore informativo attraverso l’interazione con la rete.

Ultima modifica: Sab 11 Mag 2013