In Vaticano il primo 'hackathon' sulle sfide del mondo.

Primo hackathon in Vaticano: si chiama ‘VHacks’ (‘V’ naturalmente sta per ‘Vatican’) ed è una ‘maratona di cervelli’ che vede 120 studenti di varie università sparse per il mondo collaborare e competere per individuare soluzioni tecnologiche per questioni come l’inclusione sociale e le crisi mondiali di migranti e rifugiati, temi molto cari al Papa.

A presentare a più di un centinaio di ragazzi in sala, il contenuto e il valore di questa sfida etico/tecnologica sono stati Eric Salobir, padre domenicano presidente e fondatore di Optic (network internazionale di ricerca e studio su come coniugare i valori etici e le rivoluzioni legate all’innovazione tecnologica).

Padre Michael Czerny, gesuita, Sottosegretario al Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale che si occupa specificatamente di profughi e migranti, ha incoraggiato i ragazzi a “proporre idee e soluzioni molto diverse e di sentirsi la forza di cambiare il mondo”.

Quattro, ha spiegato l’esponente della Segreteria per la comunicazione, i motivi che hanno spinto ad organizzare l’iniziativa in Vaticano: “Le sfide che porta avanti l’hackathon comprendono gli argomenti che stanno più a cuore al Santo Padre: i migranti e i rifugiati, il dialogo interreligioso, l’inclusione sociale. La Chiesa ha sempre camminato con la cultura, e la relazione tra scienza e fede è stata sempre molto profonda. Essendo il Vaticano un’istituzione di dimensioni internazionali, era il luogo più adatto per presentare la bellezza e la potenza del lavorare insieme tra intelletto e fede, amore e tecnica, accogliendo la sfida di mettere la scienza e la tecnologia a servizio di chi ha bisogno; creare un modello per invitare altre realtà a rispettare la relazione intensa che esiste tra il mondo dell’università, i giovani, i tecnici, gli scienziati”.

Ultima modifica: Sab 10 Mar 2018