Il rapporto tra medico e paziente al tempo della diagnosi sul web: l'idea di un "bollino" di qualità della notizia.

Il modo di comunicare tra dottori e pazienti è stato al centro del convegno “Salute e web 2.0. Come è cambiato il rapporto medico-paziente: dati, esperienze, deontologia”, organizzato nei giorni scorsi a Parma da Ucsi Emilia Romagna e Amci (Associazione medici cattolici) sezione di Parma, seminario formativo sia per i giornalisti sia per i camici bianchi.

Le tre relazione dei giornalisti (sono state altrettante quelle dei medici, oltre alle conclusione di don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale della pastorale della Salute della Cei) hanno spaziato dal web alla mediaetica passando per la Carta di Perugia. Francesco Lia, giornalista esperto di social media, dati alla mano, ha evidenziato che con la diffusione di internet e del web 2.0 sempre più le persone malate (o che pensano di esserlo) cercano informazioni in rete prima di andare dal medico pur «non disponendo degli strumenti per stabilire la correttezza o la veridicità di tali notizie. La conseguenza di questo comportamento può arrivare fino al rifiuto della terapia». Lia ha proposto come soluzione di fact-checking, la creazione di uno strumento semplice di verifica da parte di esperti e rivolto agli utenti: «Una sorta di “bollino blu” da visualizzare accanto ad ogni risultato proposto dal motore di ricerca».
Guido Mocellin, membro del comitato di Mediaetica dell’Ucsi, ha ricordato il caso di Eluana Englaro e in particolare la “sfida” televisiva nei giorni della sua morte (9 febbraio 2009) tra “Porta a porta” e il Grande Fratello (quest’ultimo vinse la sfida dell'audience: 32% contro 17% di share). «Quella sera il pubblico televisivo non ha scelto tra l’informazione e l’intrattenimento; ha scelto tra due spettacolarizzazioni: un dramma fatto spettacolo e uno spettacolo fatto (più o meno) dramma. Se ha vinto il Grande fratello, è perché, tra due reality (uno dichiarato, l’altro truccato da approfondimento giornalistico), ha probabilmente attratto più pubblico quello dove doveva ancora succedere qualcosa (l’uscita dal gioco di qualche concorrente) rispetto a quello in cui era già successo tutto (la morte di Eluana)».
Giovanni Rossi, già presidente dell’Fnsi, infine ha ripercorso la strada fatta dall’Ordine in tema di informazione e salute dal ‘95 – anno della “Carta di Perugia. Informazione e malattia” - ad oggi con il Testo unico deontologico, nel quale si danno indicazioni precise sui comportamenti dei giornalisti. «Ovviamente – ha sottolineato Rossi - mi rendo conto che questa è la teoria, mentre la realtà è ben diversa. Si potrebbe dire che questa è la terapia del giornalista rispetto alla malattia dello “scoop” a tutti i costi».

Ultima modifica: Ven 25 Nov 2016