Nuovi lavori

«Realizzo contenuti digitali. Interessante; ma di lavoro che fai?». Solitamente è questo un tipico scambio di battute quando le bollette si pagano fatturando attraverso i nuovi media, o, più genericamente, col web.

Ebbene, che piaccia o no, che ci sia consapevolezza o meno, che risulti apparentemente inspiegabile come un contenuto online talvolta fatturi quanto la cessione di un ramo d’azienda, le frontiere professionali oggi non possono proprio prescindere dalla comunicazione digitale. Come dalle tasse, che, infatti, vanno pagate, perché del nebuloso universo dei lavoratori a partita Iva fanno parte sia i content creator, che gli influencer, ciascuno col proprio codice Ateco.

Dallo storytelling ai fogli elettronici passando per make-up, Asmr e formule chimiche, i contenuti digitali possono essere realizzati su qualsiasi argomento. Religione inclusa. Eppure i big money, la fake life e i realbody esistono anche al di qua dello smartphone, magari non in 4k e senza sottofondo musicale, ma il superpotere del filtro distorce i tratti e crea confusione non permettendo di vedere come le sedicenti nuove figure lavorative vengano, invece, da contesti tradizionali. Basti pensare ai responsabili delle vendite online, agli esperti di analisi dei dati, agli sviluppatori. E, ancora, ai designer dell’esperienza utente, e dell’interfaccia utente, ai responsabili delle strategie promozionali per il web, fino agli specialisti della sicurezza informatica. Per non parlare delle applicazioni oggi firmate IA.

E mentre si pensa a scene hollywoodiane con l’ascesa dei robot, esistono dati che meritano una riflessione: l’Italia è a corto di infermieri, per mille abitanti, infatti, ce ne sono la metà rispetto a Francia e Germania (OECD Health Statistics 2022), e quelli che ci sono, sono sottopagati. A questo dato, amaro e allarmante, si unisce quello di Adapt, Istat, Inps, e Unipolis: un giovane under 30 su 3 lavora in nero; uno su 5 guadagna meno di chi riceve sussidi di povertà; gli stipendi in Italia sono gli unici in Europa a essere diminuiti negli ultimi 30 anni.

E, infine, quello che più di tutti fotografa un momento di coma sociale, si spera reversibile: un giovane su 5 in Italia non studia, non lavora e non si sta formando (NEET), nel 58% dei casi si tratta di donne che a maggiore scolarizzazione fanno corrispondere minore partecipazione al mondo del lavoro. Non stupisce, quindi, che la vita patinata dei social, scandalizzi chi guarda e, forse indignato, annoiato e sfiduciato, non provi a dire #cambioschema. Magari mettendoci la faccia. Ma anche le mani o i piedi.

Ultima modifica: Gio 24 Ago 2023