#altropresepe - Cosa insegna Giuseppe a noi giornalisti? Ad avere 'occhi diversi'

Figura incredibile, Giuseppe. Promesso sposo a una tipa, se la ritrova con un bimbo in grembo e sceglie lo stesso di sposarla.

Facile intuire lo sconcerto: credici tu che Maria, davvero, non avesse “conosciuto” altro uomo; vatti a fidare di un angelo che dà una notizia così, appunto, incredibile. Secoli dopo, i migliori artisti l’avrebbero dipinta in capolavori, la storia di quella concezione immacolata, ma lì per lì ci voleva proprio la fiducia di un “giusto” per non mandare tutto a quel paese.

Giuseppe, in verità, fu tentato. Ci pensò sul serio, a ripudiare quella ragazza che diceva di aspettare un figlio concepito con lo Spirito. Ma poi – allora gli angeli duravano meno fatica a farsi vedere dagli umani – arriva un angelo e Giuseppe, senza neppure “conoscerla”, se la sposa.

Figura incredibile, Giuseppe. A me sta simpatico. Di lui si sa poco, se non che fu un lavoratore. Dei lavoratori l’hanno perfino fatto patrono. Tutti ne parlano il 19 marzo e il primo maggio.

Oggi sempre meno: come parlarne ancora se il lavoro ormai lo fanno le macchine, se i lavoratori vengono di continuo offesi? Quelli nei “Vitelloni”, almeno, il gusto di rincorrerlo e magari di menarlo, l’Albertone dell’ombrello, potevano sperarlo; ma oggi lo sberleffo ai “lavoratoriiiii” è sempre più impunito.

Giuseppe, santo incredibile, continua ad avere spazio nel presepe. Di lui è bello ipotizzare la formazione continua data a un figlio così strano. Lui, padre presunto, lo coccola e lo cresce. Lo forma nell’artigianato. Gli spiega l’importanza di usare le mani per fare bene, e raccomodare, oggetti utili: in quella Nazareth da dove, per definizione, nulla di buono sarebbe mai potuto venire.

Può, oggi, l’incredibile Giuseppe insegnare qualcosa di incredibile a noi giornalisti? E cosa? L’importanza del lavoro? La dignità del lavoratore? Certo. Ma forse, ancora prima, la capacità di credere a ciò che, all’apparenza, non è credibile perché impossibile a occhi normali.

Ecco il punto: gli occhi “normali”. Si fosse fermato a quelli, il buon Giuseppe quella ragazzina l’avrebbe cacciata subito, si sarebbe sentito preso in giro, ne avrebbe cercata un’altra. Un’altra più ‘normale’.

Invece no. Il “giusto Giuseppe” – certo, va detto, aiutato non poco dall’angelo - scopre di avere occhi “diversi”. E accetta la sfida: svolgere un ruolo così forte che lo farà ... scomparire.

E’ forse questo il messaggio che, oggi, Giuseppe lancia anche a chi continua, nonostante tutto, ad avere voglia di fare giornalismo: fare questo lavoro mantenendo la capacità e la voglia di guardare il mondo con occhi “diversi”. Occhi che ti fanno scoprire, e poi raccontare in modo credibile, realtà incredibili, ignote, magari scartate da altri: da quelli per i quali la notiziabilità fa rima con il politicamente sempre corretto. Da quelli che gli occhi ce li hanno ... “normali”.

Ultima modifica: Dom 23 Dic 2018