Il futuro del giornalismo nell'era digitale. Il confronto a più voci promosso da 'In terri's

Le notizie nell’era digitale: quale futuro per la carta stampata?” è stato il titolo dell’evento della fondazione “In Terris”m organizzato a Roma.
Sono intervenuti direttori e giornalisti di molte testate nazionali. Ecco alcuni spunti che hanno dato, ripresi dalle note delle agenzie.

Marco Tarquinio, direttore di Avvenire: "Il futuro della carta stampata e, in generale, dell’informazione di qualità è legato al lavoro dei professionisti dell’informazione. Un concetto che dipende da qualità e identità. I giornali continueranno ad esistere se saranno dei pozzi di acqua potabile dell’informazione”.

Lucia Annunziata, dell’Huffington Post: "Il futuro dell’informazione è dove sta il pubblico. E il pubblico è su internet. Il nostro Paese è in ritardo per un vizio sia di natura intellettuale sia di natura sociale. Nulla impedisce alla carta stampata di sopravvivere, ma bisogna rendersi conto di qual è la sua reale portata. In Italia ci sono siti di giornali che realizzano 3 milioni di visualizzazioni al giorno mentre il quotidiano cartaceo vende 150 mila copie".

Don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris: “Ci sarà sempre bisogno di un cronista e di una testata in grado di far conoscere l’attualità e di far riflettere sulle forze e sulle dinamiche che muovono una realtà sempre più “glocal”, cioè con i piedi ben piantati in terra ma con la mente aperta a nuovi scenari”

Marco Travaglio, direttore de Il Fatto quotidiano: "Io credo che il futuro del giornalismo sia uguale al suo passato. Ci saranno altri mezzi di diffusione, altri media che, purtroppo, stanno togliendo spazio alla carta stampata. Ma il giornalismo continuerà ad avere un futuro se sarà informato e se sarà firmato. È chiaro che, spostandosi sul web, i pezzi devono essere firmati da giornalisti che si sono costruiti una credibilità e un prestigio presso i lettori. Su internet vince chi ha una faccia e una reputazione.

Angelo Marmo, vicedirettore di Quotidiano Nazionale: "C’è da distinguere due aspetti: uno che riguarda i contenuti e uno che riguarda le forme che questi contenuti devono assumere. Credo che il giornalismo avrà un futuro quanto più saprà essere in grado di fornire approfondimenti originali sulle notizie”.

Maurizio Belpietro, direttore de La Verità: “Il futuro del giornalismo è in mano ai giornalisti. Nel senso che sono loro a dover tornare a fare il loro mestiere. Anziché occuparsi di cose che interessano solo ad una élite, dovrebbero iniziare a occuparsi di che cosa è importante per i lettori”.

Luca Collodi, coordinatore di Radio Vaticana: "Credo che sia una strada molto rischiosa, perché purtroppo nella società attuale vedo una comunicazione contrapposta e vedo i giornalisti diventare più che osservatori della realtà nel tentativo di spiegarne le varie caratteristiche. Vedo giornalisti che stanno diventando sempre più tifosi di una parte contro l’altra e questo non aiuta l’opinione pubblica, anzi a mio giudizio se il giornalismo non torna a far pensare la gente”.

Andrea Monda, direttore de L'Osservatore Romano: " Per non sparire è necessario, dunque, spezzare l’autoreferenzialità e, come direbbe il Papa, 'uscire': solo la strada può salvare un giornalismo fermo al proprio tavolino pieno di preconcetti e tesi da confermare".

Luis Badilla, direttore del Sismografo: "La questione è di che tipo di giornalismo stiamo parlando. Carta stampata, digitale, radio e tv sono mondi troppo diversi ed una risposta seria che valga per tutti, secondo me, è impossibile. Il futuro del giornalismo dipende soprattutto se si arginerà la perdita della capacità di confrontarsi con la lettura.

Alessandro Banfi, direttore di Mediaset: “Non è più chiaro il confine tra chi produce le notizie e chi le legge. Un problema, soprattutto per i giornalisti, che spesso posticipano la verifica delle notizie pur di arrivare in tempo. Questo, però, abbassa sempre di più la qualità dell’informazione e, quindi, della credibilità dei giornalisti.

Paolo Liguori, direttore di TGcom24: "L’unica cosa che può aiutare il giornalismo a riprendersi è il ripartire dalle cose semplici, come dalle nuove generazioni di colleghi. Puntando su dei nomi nuovi, sulla formazione e sull’entusiasmo dei giovani giornalisti".

Vittorio Feltri, direttore di Libero: "Nel futuro del giornalismo vedo una tomba. Queste nuove tecnologie ci hanno stroncato, ci hanno messo nelle condizioni di far fatica a sopravvivere”.

Alvaro Moretti, direttore del Messaggero.it: "In questo momento, in tutto il mondo si stanno affermando dei modelli disintermediati. Attraverso i social e le ricerche in rete, in qualche maniera, l’informazione ci arriva con l’illusione di essere disintermediata. Io, però, non penso che questo sarà il futuro dell’informazione”.

Andrea Balzanetti, redattore capo del Corriere della Sera di Roma: "La mia personale ricetta sarebbe quella di limitare al massimo le notizie sull’attualità. Bisognerebbe introdurre delle analisi di alto livello, anche se questo limiterà di molto la professione dei giornalisti

Ilario Piagnerelli, RaiNews24: "Per affrontare il futuro del giornalismo, occorre partire dalle fake news che hanno dato uno choc a tutti gli addetti ai lavori. Questo fenomeno negativo ha, tuttavia, dei lati positivi: ha allargato la platea. Gente che non si era mai informata ha cominciato a leggere un articolo scritto”.

Ultima modifica: Dom 23 Giu 2019