La spettacolarizzazione del crimine nell’era del giornalismo 3.0

Ci sono storie che riguardano il crimine davvero incredibili. Gli assassini commettono i peggiori delitti e noi stiamo correndo due rischi. Il primo è quello di mitizzare questi uomini e il secondo è quello di offuscare la verità. Eventi che vengono celebrati da tutti i media del mondo, trasmettendo informazioni equivoche e dai tanti significati.

Molti criminali ricevono centinaia di lettere e ci sono persone che sperano che il loro ergastolo possa finire, per poter iniziare una vera e propria storia d'amore con loro. Si cerca il cuore in chi ha dimostrato di essere capace di compiere atrocità, perpetrando omicidi e delitti che sono anche difficili da raccontare giornalisticamente.

Quanto il giornalismo può influire in una pratica di emulazione o può spingere le persone a cercare costantemente questi assassini? E i social network in qualche modo possono influenzare anche la narrazione dei media tradizionali? Le narrazioni si incrociano oppure no?
Nell'ultimo periodo, sono queste le domande che tutti si stanno ponendo e su cui si stanno interrogando. In modo particolare, è stata posta molta attenzione sugli aspetti deontologici della professione giornalistica.

LA VETRINIZZAZIONE DELLA MORTE

L'etica del giornalismo deve essere vincente rispetto a tutto il resto. Il giornalismo televisivo deve soggiacere ad altre regole che vengono invece dall'infotainment. Chi si occupa di intrattenimento utilizza i casi di cronaca anche più efferati per fare ascolti. Basti pensare al delitto di Novi Ligure, di Cogne, di Erba, di Garlasco, di Perugia, di Avetrana e tantissimi altri.

Luoghi diventati meta di dark tourism. Il dark tourism è un turismo particolare, poiché le persone si recano in quei luoghi dove sono avvenuti terribili omicidi e orrendi crimini. Posti che, diventati il simbolo della cattiveria umana, si trasformano in mete turistiche.

Non è semplice riuscire a spiegare il perché di questo fenomeno. Una sorta di format televisivo dell'orrore che ha spinto le persone a cercare quel luogo per riuscire a comprendere meglio tutto quello che la televisione e i giornali avevano raccontato in tantissimi giorni. In questo processo di continua “vetrinizzazione” anche la morte assume un significato diverso e pone in evidenza due criteri: l'istantaneità e la spettacolarità dell’evento.

Su Netflix una serie tv dedicata a Jeffrey Dahmer ha riscosso un grande successo. Una storia terribile che riguarda la complessa personalità di un serial Killer dalle perversioni spietate. Le maggiori testate giornalistiche si sono occupate di Dahmer perché, in poche settimane, la serie ha ottenuto quasi 300 milioni di visualizzazioni. Un successo incredibile soprattutto tra le giovani generazioni.
Diverse indagini, compresa quella che ha pubblicato il Censis, ci ricordano quanto sia diffuso il cattivismo. Certamente, non si può parlare solo di cattivismo.
Uccidere un altro essere umano significa non dare valore alla vita e quotidianamente la cronaca nera ci consegna episodi di violenza inaudita.

Tanti i femminicidi che nell'ultimo periodo hanno destato scalpore. Una volta un giornalista mi chiese cosa ne pensassi del fatto che un assassino, prima di uccidere la sua compagna, aveva aperto una sorta di chat con circa 550 persone per poter pubblicare tutte le immagini di quello che sarebbe stato, secondo lui, un delitto perfetto, anche se poi non lo è stato. Il giornalista si è chiesto come mai quest'uomo ha sentito il bisogno di immortalare tutto e di rendere partecipi gli altri. Un gesto brutale che viene condiviso con gli altri.

Una delle teorie difensive, anche di mostri che in passato hanno commesso delitti incredibili, è che la mente criminale non riesce a rendersi conto fino in fondo di quello che è il gesto che sta compiendo.

I RIFERIMENTI DEONTOLOGICI

Nonostante le tante teorie e le tante ipotesi a rimanere certo è il percorso che deve seguire il giornalista, sapendo che ci sono importanti regole deontologiche da rispettare. Il giornalista 3.0 deve saper coniugare il diritto di cronaca, le esigenze di indagine e il rispetto della vittima.

Affrontare come argomento un omicidio non è semplice, perché bisogna porre attenzione alla descrizione, che non può trasformarsi nell'esaltazione di un assassino. La vittima a volte tende a scomparire nelle narrazioni giornalistiche e sui social, mentre i carnefici hanno uno spazio spropositato.

Emergono particolari su tutto quello che l'assassino ha fatto prima e dopo l'omicidio. Si controllano i suoi spostamenti e le sue ricerche su Google. Purtroppo, in alcuni casi, i dettagli servono ad incrementare il numero dei telespettatori o a vendere qualche copia in più.

Il giornalista deve saper cercare le notizie e deve puntare alla ricerca di fonti attendibili, riuscendo a distinguere quali sono le informazioni vere e quelle false. Le informazioni devono essere filtrate anche nel rispetto dell'indagine stessa. Inoltre, quando ci sono questi personaggi che diventano quasi protagonisti dell'orrore e che riescono ad ottenere una visibilità eccessiva, ha il compito di scegliere ciò che rispetta la sua etica professionale. Deve prendere decisioni che riguardano il suo modo di essere e il suo modo di vivere il fatto di cronaca.

Insomma, un bravo giornalista sa fino a che punto si può spingere e fino a che punto può lasciarsi andare nel raccontare un episodio o un evento.
La narrazione di oggi è cambiata rispetto alla narrazione di ieri. Le esigenze dei giornalisti televisivi e di quelli della carta stampata sono cambiate, poiché devono fronteggiare il mercato della disinformazione.
Un giornalista deve capire quale può essere la strada che si può percorrere per continuare a garantire una buona informazione, visto che la disintermediazione ha creato non pochi problemi al giornalismo. A parlarne è stato anche Papa Francesco, a cui è stato assegnato il premio “è Giornalismo 2023”.s

Durante l'incontro il Pontefice ha ricordato: «I peccati del giornalismo sono quattro: la disinformazione, quando un giornalismo non informa o informa male; la calunnia (a volte si usa questo); la diffamazione, che è diversa dalla calunnia ma distrugge; e il quarto è la coprofilia, cioè l’amore per lo scandalo, per le sporcizie, lo scandalo vende. La disinformazione è il primo dei peccati, degli sbagli - diciamo così - del giornalismo». I promotori hanno definito come “scelta inedita” quella di dare al Papa questo riconoscimento che «si inquadra perfettamente in quello che era l’obiettivo che si erano posti Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Giancarlo Aneri, quando fondarono il Premio nel lontano 1995: aiutare il giornalismo ad essere più consapevole del suo ruolo di libera espressione e di contributo alla costruzione della giustizia attraverso il servizio alla verità».

Non dimentichiamoci che molte notizie, molti video e testimonianze sfuggono al filtro giornalistico. Chi vuole conoscere una certa notizia attraverso i social, senza che ci sia la mediazione giornalistica, deve sapere che può andare incontro a notizie distorte. Inoltre, esiste anche una grande confusione tra infotainment e la rendicontazione cronachistica, che ha stravolto quelle che erano le regole della vecchia cronaca nera e giudiziaria.

Tutto è in grande evoluzione e trasformazione, ma quello che non bisogna mai perdere di vista, ed è fondamentale ribadirlo, è il rispetto dell'essere umano e soprattutto anche di chi non c'è più, perché è stato ucciso da un'altra persona che non ha saputo controllare la propria rabbia e non è stazzto in grado di gestire la propria irruenza.

Ultima modifica: Sab 25 Nov 2023