Costruire anche nel diluvio. L'opportunità delle buone notizie

Che facevano gli uomini al tempo del diluvio? Mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito. Niente di male, in verità. E noi abbiamo da-vanti agli occhi tante immagini della vita quotidiana improvvisamente sconvolta da un qualche disastro naturale, un terremoto, un’alluvione, una guerra... vite vissute un po’ troppo in superficie, forse perfino nell’inconsapevolezza, nell’incapacità di vedere quello che ci viene incon-tro. E non sarà, talvolta, il nostro sguardo di giornalisti e di commentatori un po’ troppo appiattito sul già detto e il già sentito, sulla ripetizione dell’identico e sulla messa in luce solo di dettagli che non sanno cogliere in profondità, tutti presi dall’immediatezza e poco capaci di scendere in pro-fondità, di guardare più in là?
Che faceva, invece, Noè? Costruiva l’arca. E noi lo vediamo lavorare si-lenziosamente, mettendo insieme legno con legno, edificando la sua gran-de nave spaziosa e accogliente, magari tra gli sberleffi e i motteggi dei suoi vicini: che costruisci a fare un’arca, visto che qui tutto scorre e la vita si ri-pete sempre uguale a se stessa?
In realtà, sbaglieremmo a pensare che Noè lavorasse per l’emergenza. Non è per questo che Gesù lo presenta nel brano del vangelo di Matteo che si proclama quest’anno nella prima domenica d’Avvento. Il lavoro di Noè è paziente e ci parla di un modo del tutto diverso di stare al mondo e, perché no, di fare notizia.

L’Avvento non è un tempo di allarme, di sospensione, di fuga. È il tempo della più profonda consapevolezza, della scoperta che questo mondo non è affatto brutto e cattivo. Potremmo essere noi, sem-mai, a renderlo tale, ma questo è il mondo nel quale Dio ci sta venendo in-contro, in cui ci sono infiniti segnali di luce e di gioia, in cui brillano le stelle e i pianeti danzano intorno ai loro soli! È il mondo di Dio, meravi-glioso e splendente, nel quale siamo inviati per riconoscerne tutte le gem-me e tutti i tesori. E non per ammassarli o rubarli: quando si cammina in al-ta montagna, ci viene consigliato di non cogliere le stelle alpine, ma sem-mai di fotografarle, di lasciarle liberamente crescere sotto il sole di Dio.
Ecco cos’è l’Avvento: un tempo per imparare a riconoscere i tesori, per scoprire che il mondo ne è pieno e che è bello sapere che ci sono. Possia-mo fotografarli e custodirne la certezza nei nostri cellulari, possiamo de-scriverli in nuovi racconti di cronaca e così sorridere e splendere, amare e servire, moltiplicare le tracce di questo splendore che Dio ci ha affidato. Ecco che significa la costruzione dell’arca: lavorare ogni giorno perché tutta questa bellezza si moltiplichi e non tema il diluvio dell’inconsapevolezza e della superficialità.
Costruiamo anche noi arche di buone notizie e di sguardi nuovi, aiutiamo il mondo a non osservarsi più nello specchio anonimo e inconsapevole dell’identico, ma nello sguardo caldo e vitale dell’amore.

l'autore, don Alessandro Andreini, è consulente ecclesiastico dell'Ucsi Toscana

 

Ultima modifica: Dom 27 Nov 2016