La sfida del giornalismo di comunità

Un pomeriggio interamente dedicato al giornalismo di comunità e alle nuove frontiere della professione. Questo, insieme a momenti di condivisione e relazione, è stato uno dei focus della seconda giornata della Scuola per giovani giornalisti “Giancarlo Zizola” di UCSI, grazie alla presenza dei giornalisti Assunta Corbo e Giovanni Bucchi.

E’ possibile un giornalismo di comunità”. La relazione di Assunta Corbo, direttrice di News48, è entrata nel vivo proprio con queste parole durante la sessione pomeridiana di sabato 29 ottobre. Lo sguardo di Corbo è stato in stretta continuità con l’idea iniziale della scuola, quest’anno dedicata a David Sassoli, che voleva respirare ampiamente, non fermandosi al locale e nazionale.

L’idea del giornalismo costruttivo, abbracciata da Corbo nel 2012 e divenuta realtà lavorativa – cioè il Constructive Network nel 2019, è mutuata proprio da un gruppo di colleghi giornalisti americani con i quali ora collabora lei stessa, anche se “non è un’idea nuova, è qualcosa che già conosciamo”, ripete più volte. Il metodo che viene proposto parte dai dati qualitativi e quantitativi, produce cioè elementi che possono essere utili ad altri per una risposta allo stesso problema. Questo non significa offrire un modello applicabile ovunque, ma mettere in luce i motivi per cui funziona dove è nato, oltre che sottolineare elementi di fragilità e di forza.

L’onestà, il rispetto del lettore, il bisogno di raccontare la storia nella sua interezza sono elementi portanti del giornalismo costruttivo. Del resto la stessa Assunta Corbo dice chiaramente che “se non raccontiamo le soluzioni, non siamo più credibili professionalmente” e prosegue sottolineando che essere giornalisti è una vocazione nella quale serve l’empatia.

Con il metodo proposto si entra in un processo che facilmente può portare a riflettere da punti di vista diversi, perché parte dall’ascolto dei bisogni della comunità. A questo primo passo segue la ricerca dei temi che mancano nel dibattito pubblico e i candidati delle storie da raccontare. L’impatto sulle comunità diventa il filo rosso del giornalismo costruttivo, più preoccupato di offrire notizie complete, già testate sul campo, che sterili teorie appena intuite per arrivare primi.

E di comunità ha continuato a parlare il giornalista Giovanni Bucchi, nell’intervento successivo, socio fondatore e ideatore di Orma Comunicazione a Cesena, in Romagna. Dopo un periodo di crisi lavorativa importante, che lo ha portato a chiedersi dove orientarsi e come, insieme a due amici fonda l’agenzia di comunicazione nella quale lavorano tutt’ora.

La riflessione da cui sono partiti è la consapevolezza che le loro competenze e le loro relazioni non potevano andare disperse. Inizialmente lo schema imprenditoriale abbracciato è stato quello in cui ciascun socio viveva del lavoro che portava in agenzia, ma la svolta è stata quella di mettersi a disposizione l’uno dell’altro, essere disposti ad aiutarsi dividendo lavoro, impegno e utili tra tutti e tre i soci. In altre parole fare comunità anche in ambito lavorativo.

Il modello cooperativo, già tanto diffuso nel territorio romagnolo, permette proprio di diventare “imprenditori di se stessi”, ma tessendo legami di comunità e reinventando ancora il lavoro di giornalista. Bucchi infatti, per necessità, ha quindi iniziato a fare anche ufficio stampa e comunicazione per terzi uscendo dall’idea che il giornalista debba solo scrivere per le testate giornalistiche mainstream sottolineando con forza che “le skills richieste per essere giornalista e comunicatore possono essere usate per entrambi i lavori, seppur in un equilibrio delicatissimo” che impone continuamente il discernimento.

Un giornalismo di comunità più di metodo nel caso della free lance Assunta Corbo, più di forma lavorativa nel caso di Giovanni Bucchi, tuttavia sono due strade realizzabili, concrete e perseguibili da chiunque desideri dare un valore aggiunto al proprio modo di essere giornalista. Non solo. Queste proposte – forse – vanno tenute particolarmente in considerazione oggi, in una società che almeno in Italia, vive gli esiti di quasi tre anni di pandemia e che rischia di essersi abituata alle distanze, fisiche e non solo, alle solitudini, finanche all’isolamento, come se fossero aspetti naturali della vita, ma dimenticando il bisogno fondamentale di ogni essere umano di vivere relazioni perché siamo esseri di relazione. Due soluzioni ci sono e possono aiutare a scelte coraggiose, singole o comunitarie.

Ultima modifica: Lun 31 Ott 2022