'Non dobbiamo aver paura del lavoro che cambia'. Padre Occhetta intervistato dal giornale della diocesi di Cagliari

Verso Cagliari (-3): intervista a Francesco Occhetta (da "Il Portico", settimanale della diocesi di Cagliari)

Quattro termini che Papa Francesco nel capitolo 4 dell’Evangelii Gaudium mette in fila, quasi come una provocazione, sono diventati il tema della ormai prossima 48° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani: il lavoro umano deve essere “libero, creativo, partecipativo e solidale”.
Uno dei dodici membri dell’apposito comitato costituito dalla Cei per l’appuntamento del 26-29 ottobre a Cagliari è il gesuita padre Francesco Occhetta, scrittore di Civiltà Cattolica econsuete ecclesiastico nazionale dell'Ucsi, che ha raccontato in un interessantissimo libro, dedicato a chi sta cercando lavoro, cos’è il lavoro oggi, ma soprattutto cosa dovrà essere nel futuro prossimo.

Padre Occhetta, il suo libro IL LAVORO PROMESSO nasce dall’incontro con i giovani, cosa resta di quest’esperienza ?

"Ho capito che non dobbiamo avere paura del lavoro che cambia. La quarta rivoluzione industriale, definita Industry 4.0, riguarda gli sviluppi dell’intelligenza artificiale e il digitale. I lavori che sono nati, come lo smart working (il lavoro agile) mostrano che non sono più il «cartellino», il luogo e le mansioni a essere criterio di misurazione, ma la qualità della produttività. Occorre però un buon governo di sé altrimenti tutto il tempo potrebbe diventare lavoro, mentre abbiamo bisogno di coltivare gli affetti e momenti ludici".

Nel libro il terzo capitolo è dedicato al ‘Terzo settore’ partendo dalla riforma in Parlamento dello scorso giugno

"La riforma del cosiddetto 'Terzo settore' permette di recuperare lo spirito cooperativistico del lavoro. Per produrre ricchezza e beni sociali. Gli operatori del settore sono chiamati a diventare produttivi per finanziare i propri scopi, creare occupazione, senza snaturarne la missione sociale attraverso la logica del dono e la ripartizione dei profitti".

Un altro zoom è rivolto al lavoro domestico

"La nostra società è la più vecchia al mondo insieme al Giappone. I lavori white (bianchi), quelli di cura, sono molto richiesti ma mal pagati. Una proposta europea è quella di diminuire le ore di lavoro per investirle nella cura – intesa come assistenza – dei bambini, degli anziani, dei più deboli, in famiglia e nei quartieri di riferimento, e per coltivare le relazioni e la propria umanità. Un tempo di lavoro ridotto e una maggiore cura di chi ha bisogno permetterebbero allo Stato di risparmiare in alcune spese di assistenza".

La mancanza di lavoro giovanile è uno dei più grandi problemi?

"Dipende. È così se parliamo per professioni come quella degli avvocati, dei giornalisti o dei lavori non specializzati. Occorre che scuola e imprese si parlino. Secondo gli studi della Confindustria, sono circa 259.000 i posti di lavoro per profili professionali che le aziende non riescono a reperire. Mancano saldatori, cuochi, infermieri, esperti di marketing, falegnami, ingegneri, commercialisti, fabbri e, soprattutto, professionisti del tech, i lavori del digitale".

Un libro sbilanciato sul futuro portatore di grande speranza

"Dobbiamo continuare a sperare. Certo, non esisterà più il lavoro fisso ma non significa che non ci sarà più lavoro e non ci sarà possibilità di fare lavori anche migliori di quelli che conosciamo. Il rapporto uomo macchina migliorerà la qualità dei lavori.
Occorre definire quali sono le caratteristiche che tutelano l’uomo in relazione alla macchina. Quale governance gestirà questo processo? Con quale trasparenza e intenzione saranno programmate le macchine? Quale tipo di alleanza etica e antropologica sarà possibile stabilire tra chi programmerà e produrrà le macchine e chi le utilizzerà?"

Che contaminazione ci sarà nella società civile dopo le settimane sociali?

"Spero quella del lievito. Aiutare a porre al centro del cambiamento, l’uomo e la sua dignità come chiede la Costituzione e la Dottrina sociale della Chiesa. Formuleremo proposte chiare alla politica, ma occorrerà che lo spirito della Settimana Sociale diventi cultura nel Paese".

L'articolo di Alessandro Porcheddu è stato pubblicato sul settimanale della diocesi di Cagliari "Il Portico"

Ultima modifica: Dom 22 Ott 2017