#Ripensiamoci, otto volte, per provare a dare delle risposte / 4

Ripensandoci, il primo pensiero va sicuramente alle decine di migliaia di persone e famiglie colpite dalla morte, per le quali i giorni che si apriranno non saranno certamente come quelli di prima.

Ripensandoci, queste persone incenerirebbero volentieri quanti per pura ignoranza si permettono il lusso di negare l’esistente. Ancora di più incenerirebbero quanti cavalcano, per mero calcolo politico, questa onda di ignoranza.

Ripensandoci, a morti si aggiungono morti, per lo più silenziose. Come la morte apparente di molti giornali. Anche oggi, chi vede per strada la roboante locandina di un quotidiano neanche sospetta che da sei mesi la redazione che produceva il giornale è spettralmente vuota, perché tutti continuano a lavorare in smart working.

Ripensandoci, poi ci sono le morti vere, con vittime per strada. Sono decine di giornali, tra i quali molti comunitari, che si sono arresi, non ce l’hanno fatta. Non solo per il Covid, che forse è stato solo il colpo di grazia su un sistema che non stava più in piedi. Comunque sia sono morti adesso. Alcuni hanno deciso di uscire comunque solo on line, altri proprio non ci sono più.

Ripensandoci, queste morti sono anche la sconfitta di un progetto, che pure in alcuni territori ha funzionato. Abbattiamo i muri tra le diocesi, tra i giornali delle diocesi, concentriamo le risorse, realizziamo un prodotto forte. È bene? È male? Tradisce le radici delle singole comunità? Ci dà nuova forza per sopravvivere? Penso che, bene o male, a questo punto sia necessario. In molti territori comunque non si farà. Piuttosto l’agonia, e non è bello. Si predica la comunità, si continuano a mantenere i muri. E chi s’è visto s’è visto. In molte situazioni, come succede per tutte le tragedie e per tutte le comunità, la crisi è stata anche, quando è stata gestita in modo intelligente, occasione di crescita, anche importante. Della serie, nulla sarà mai più come prima, ma qualcosa potrà essere meglio di prima. È una lezione importante di questa emergenza che comunque è tutt’altro che terminata.

Ripensandoci, infine, oltre al cambiamento che dipende da una capacità di gestione comunitaria, c’è il cambiamento che dipende esclusivamente dalle nostre coscienze. La speranza è che abbiamo una coscienza non impermeabile, che si lasci turbare, una coscienza che non assomigli alle code in autostrada, quando si aspetta solo che la colonna torni a muoversi per girare la chiavetta e ripartire con uno sbruffo, con uno sguardo veloce all’incidente che l’aveva generata.

Ripensandoci, questa è una ‘pausa’ di vita, per molti vissuta ugualmente in movimento, proprio per ripensarci, al nostro essere persone, al nostro stile di vivere, al nostro stile professionale. Rischiamo di dimenticarci troppo presto delle acque tornate cristalline, dei panorami nitidi che in vita nostra non avevamo mai potuto vedere, delle comunità di animali che, increduli, avevano scoperto quote di mondo che erano sempre state loro precluse. Porsi troppe domande spesso inquieta.

Ripensandoci, è invece proprio il tempo giusto per provare a dare delle risposte...

Ultima modifica: Mer 19 Ago 2020