I messaggi di Papa Francesco per una informazione in difficoltà

Ogni volta che Papa Francesco si rivolge ai giornalisti lo fa con il cuore in mano: le sue parole traducono uno stato d’animo in cui si ‘legge’ la consapevolezza del momento delicato che stiamo vivendo e – pensando alla nostra Ucsi – al supplemento di responsabilità che ci arriva.

Tornate a consumare la suola delle scarpe... abbiate il coraggio di invertire la gerarchia delle notizie... tornate ad ascoltare, prima di raccontare. Non solo, ascoltare con l’orecchio del cuore...”

Papa Francesco arricchisce il suo magistero in materia, declinando, di volta in volta, uno stile preciso, che richiami da un lato la delicatezza della professione, che se esercitata in modo improprio può condizionare negativamente le esistenze delle persone, dall’altro utilizzando un linguaggio anche forte, per richiamare comunicatori e giornalisti all’essenzialità di quella che non è improprio definire una missione.

Cosí, a fronte di un’informazione in evidente difficoltà, in crisi di credibilità, fiducia e affidabilità, Francesco indica la sua strada, in una direzione precisa, un’umanizzazione della professione. Difficile, in uno dei mille corsi di aggiornamento o formazione professionale dedicati agli iscritti all’ordine dei giornalisti, sentirsi invitare a “parlare con il cuore, rendendo ragione della speranza che è in noi, addirittura con mitezza, utilizzando il dono della comunicazione come un ponte e non come un muro”.

Francesco non cita parole come sensazionalismo, o anche cinismo, che sempre più sembrano invadere il perimetro del nostro lavoro, ma aleggiano tra le righe del messaggio. Così, il papa ci invita ad un’inversione a U, l’unica in grado di sbloccare una situazione da tempo non solo ferma, ma radicata in una palude dalla quale non si riesce a tirarsi fuori, mentre la diffusione di copie dei giornali e gli ascolti di radiotelegiornali calano inesorabilmente, per registrare picchi saltuari quando si tradisce il senso etico della professione. Il papa non fa sconti e guarda anche in casa sua: “In un tempo contraddistinto – anche nella vita ecclesiale – da polarizzazioni e dibattiti esasperati che esacerbano gli animi, siamo invitati ad andare controcorrente”.

Rispetto ai precedenti messaggi ‘colorati’ dalla pandemia, oggi c’è la novità della guerra, con la profonda preoccupazione che si porta dietro. Il papa allora chiede un’operazione di bilanciamento che trova radice nella responsabilità della professione: “Non dobbiamo temere di affermare la verità, a volte scomoda, che trova il suo fondamento nel Vangelo, ma non dobbiamo disgiungere questo annuncio da uno stile di misericordia, di sincera partecipazione alle gioie e alle sofferenze dell’uomo del nostro tempo”. Verità, dunque, con un non esplicito riferimento al ‘pensiero unico’ che ha dominato questi mesi, ma anche responsabilità: “Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo, afferma, è quanto mai necessario l’affermarsi di una comunicazione non ostile, aperta al dialogo, che favorisca un “disarmo integrale” e si adoperi a smontare “la psicosi bellica” che si annida nei nostri cuori, come profeticamente esortava san Giovanni XXIII, 60 anni fa nella Pacem in Terris. È uno sforzo richiesto a tutti, ma in particolare agli operatori della comunicazione chiamati a svolgere la propria professione come una missione per costruire un futuro più giusto, più fraterno, più umano».

* L'autore, Vincenzo Varagona, è il presidente nazionale dell'Ucsi

Ultima modifica: Gio 6 Ott 2022