Niente carcere per la diffamazione (salvo casi gravi), ecco le motivazioni della sentenza

E’ stata depositata lunedì 12 luglio, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, la sentenza 150 della Corte Costituzionale che di fatto ‘abolisce’ il carcere per i giornalisti che 'commettono' diffamazione, a meno che non si tratti di vere e proprie campagne di disinformazione, che comportino “gravi compromissioni della reputazione” (l’esempio che viene fatto è quello dell’alterazione del risultato di un’elezione).

La sentenza era stata già anticipata qualche giorno fa (leggi qui sul nostro sito). Da più parti adesso si invoca sempre più una revisione di una parte della legge sulla libertà di stampa (che è datata 1948). Secondo quanto riporta ancora l’Ansa, “La minaccia dell'obbligatoria applicazione del carcere, secondo la Consulta è 'nefasta' : può produrre l'effetto di dissuadere i giornalisti dall'esercizio della loro "cruciale funzione di controllo dell'operato dei pubblici poteri".

L’intervento della Consulta consiste nel ritenere costituzionalmente illegittimo l'articolo 13 della legge sulla stampa (reclusione da uno a sei anni per il reato di diffamazione commessa a mezzo stampa) e l'articolo 30, comma 4, della legge n. 223 del 1990 sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato, che estendeva quelle sanzioni anche a radio e tv.

Ultima modifica: Lun 12 Lug 2021