L'articolo 21 e i padri costituenti: l'affermazione di un diritto parziale

Nel 1975 la dottrina ha chiarito il fondamento dell’articolo 21 della Costituzione: “Una libertà intesa, sulle tracce di Jemolo, come premessa e matrice di tutte le libertà, in quanto destinata a porre le fondamenta dell’intero impianto dell’ordine democratico”.

L’intento dei padri costituenti, dopo la caduta del regime fascista e l’esito del referendum istituzionale, è stato proprio questo: conferire nuovamente un’estrazione liberale alle libertà di informazione e alla manifestazione del pensiero. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, recita il 1° comma dell’art. 21 in cui il termine “tutti” prende in considerazione sia i cittadini che gli stranieri.

Va ricordato che il contesto sociale, culturale ed economico del secondo dopoguerra non ha permesso una completa realizzazione dello stato sociale. Le tensioni interne spingevano da un lato verso maggiori tutele istituzionali, dall’altro a una maggiore sicurezza e ordine pubblico. Tutto questo a scapito della piena realizzazione dei diritti e delle libertà fondamentali. L’attuazione dell’articolo 21 ha risentito di tutto ciò. Certo ci fu un passo in avanti in merito alla tutela e alla garanzia della libertà di stampa, ma si poteva fare di più e di meglio.

Ad esempio viene fatto esplicito riferimento alla tutela della libertà di stampa in quanto tale, ma non viene posto l’accento su altri mezzi di comunicazione già in vigore come il cinema e il teatro, né tanto meno su altri nascenti, come il sistema radiofonico. Tutti questi necessitano di una regolamentazione.

L’impasse istituzionale ha trovato una sua soluzione a partire dall’istituzione della Corte Costituzionale, avvenuta nel 1955, che ha avuto il compito di far ripartire la “macchina” della Costituzione. Non a caso con la nascita di questo organo riprende anche lo studio delle libertà e una più proficua attuazione della Costituzione.

A cominciare dal 1956, con l’emanazione delle prime sentenze, fino all’apice dei primi anni ’60 grazie alle forze politiche di centro-sinistra, venne ripreso il discorso lasciato un po’ a metà da parte dei padri costituenti.

Tra le sentenze più note ricordiamo quelle in tema dell’obbligo scolastico e sulla parità dei sessi, ma anche quelle che riguardano le libertà di espressione e di informazione, aggiornando i diritti alle nuove richieste a cui il Paese andava incontro. In questo senso la Corte Costituzionale negli anni ha chiarito, in numerose sentenze, come vi sia un legame tra il diritto all’informazione e l’attuazione del principio democratico, attribuendo alla libertà di manifestazione del pensiero un valore sempre più centrale.

Si ricorda a questo proposito la Sentenza n.84/1969 che stabilisce non essere necessario “ricordare come la libertà di propaganda è espressione di quella di manifestazione del pensiero, garantita dall’art.21 della Costituzione e pietra angolare dell’ordine democratico. [...] Essa è assicurata fino al limite oltre il quale risulti leso il metodo democratico”; e ancora la Sentenza n.9/1965 la quale stabilisce che la libertà di manifestazione del pensiero “è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle [...] che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico e sociale”.

(3- segue)

Leggi qui il nr. 2: 'dove affonda le sue radici l'articolo 21 della Costituzione'

Leggi qui il nr. 1: il diritto all'informazione, termometro della democrazia'

Ultima modifica: Dom 19 Mag 2019