Barbiana, dai margini al centro. L'Ucsi alla scuola di don Milani attendendo la visita di papa Francesco.

Da quando papa Francesco ha annunciato la visita a Barbiana, il 20 giugno prossimo, salire le pendici del monte Giovi per sostare nella chiesa e nella canonica che fu di don Lorenzo Milani non avrà più il gu-sto di un’incursione nella periferia della periferia. Improvvisamente, Barbiana – e anche Bozzolo, teatro di un’altra esperienza cruciale del Novecento, quella di don Primo Mazzolari – non è più ai margini, ma al centro.

E si va concretizzando l’invito che proprio il Papa rivolgeva alla Chiesa italiana radunata a Firenze, il 10 novembre 2015: «La Chiesa italiana si lasci portare dal soffio potente e per questo, a volte, inquie-tante dello Spirito santo. Assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste».

Far passare la Chiesa da Barbiana, in particolare, potrebbe essere un modo efficace per sviluppare buoni anticorpi contro le due tentazioni che papa Francesco ha evocato nel suo discorso a Firenze.

Prima di tut-to, la tentazione pelagiana, che spinge la Chiesa a non essere umile e disinteressata e ad avere fiducia nelle strutture e nell’organizzazione: una Chiesa che pretenderebbe di trovare la sua forza nelle norme e non nella leggerezza del soffio dello Spirito, rigida e incapace di aprirsi al nuovo. È la Chiesa denunciata da don Milani in Esperienze pastorali, dove già risuonava forte l’invito a scoprire che, con le parole del Papa, «la dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: si chiama Gesù Cristo».

La tentazione gnostica, poi, che ci fa confidare nel ragionamento logico e chiaro, perdendo la tenerezza della carne del fratello: una Chiesa sen-za incarnazione, chiusa nella sua presunta perfezione speculativa e in intimismi fini a se stessi. E se c’è un vertice nell’esperienza umana e spirituale di don Milani è stato proprio quello di aver vissuto fino in fondo il mistero del Dio che si fa uomo, riuscendo a farsi povero con i poveri e divenendo proprio quel cammello che è passato per la cruna dell’ago. «Non si può amare tutti gli uomini – scriveva don Milani in una lettera pochi mesi prima della morte –. Di fatto si può amare solo un numero di persone limitato, forse qualche decina forse qualche cen-tinaio». E, nel suo testamento, com’è noto, riconosceva di aver voluto più bene ai suoi ragazzi che a Dio. Ma aggiungeva anche di avere la spe-ranza che Dio «non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tut-to al suo conto».

Per l’Ucsi Toscana, dunque, salire per la quarta volta a Barbiana, il prossimo 17 giugno, ormai alla vigilia della visita di papa Francesco, significa provare, ancora una volta, a prendere sul serio l’esemplarità di don Lorenzo Milani per imparare a essere buoni e, dunque, inquieti comunicatori in e di una Chiesa italiana finalmente in-quieta e «vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti».

* L'autore, don Alessandro Andreini, e Consulente ecclesiastico dell'Ucsi Toscana

Ultima modifica: Dom 14 Mag 2017