I tanti paradossi del Natale

Il Natale è una festa piena di paradossi.

Il Figlio dell’Altissimo, del Dio onnipotente, che viene a salvarci è un neonato indifeso, che come tutti i bambini ha bisogno di essere amato e accudito. E a farlo sono Giuseppe, il falegname di uno sperduto villaggio della Galilea lontano discendente del re Davide, e la sua giovane sposa, Maria. Entrambi hanno detto “” a qualcosa di più grande di loro, che faticano a comprendere, che ha sconvolto le loro vite. Hanno accolto un dono che non è solo per loro, ma per tutta l’umanità fidandosi di una promessa ricevuta e mettendosi in gioco.

Alla sua nascita, l’Emanuele, il Dio con noi, non è accolto da molti, giusto da un gruppo sparuto di pastori dei dintorni di Betlemme che nel profondo della notte erano svegli per vigilare sul gregge che era stato loro affidato. Questi uomini svolgevano un lavoro faticoso, senza godere di una buona reputazione. Anzi erano disprezzati dai farisei, perché ritenuti impuri e peccatori. Sono proprio questi uomini, tra gli ultimi ed emarginati del loro tempo, simbolo degli esclusi di ogni tempo, che per primi si sono recati a visitare il bambino dopo aver ascoltato le parole dell’angelo.

Il re dei Giudei, la cui prossima nascita era stata annunciata ai magi dalla stella apparsa in Oriente, non nasce in un palazzo del suo regno, ma neanche nella semplice casa di Giuseppe a Nazareth. In viaggio per obbedire al comando di Cesare, Giuseppe fa proprio fatica a trovare un luogo che accolga Maria prossima al parto, se non alla fine in una mangiatoia. Come scrive Gilbert Keith Chesterton, uno scrittore unico per la sua capacità di far risaltare in modo lucido e senza moralismi le contraddizioni che viviamo, «il Natale è costruito su un paradosso bello e intenzionale: che in ogni casa viene celebrata la nascita di un senzatetto».

Davvero il Natale è una festa piena di paradossi, ma quello fondamentale è uno: celebriamo la nascita di un neonato teneramente amato da Maria e Giuseppe, che lo hanno accolto nelle loro vite. Ed è tutto lì il messaggio che il Signore ci rivolge ogni Natale: siamo vivi quando – liberi da desideri posticci e tante false idee su ciò che è importante per stare bene – impariamo ad amare e a lasciarci amare, quando ci prendiamo cura dei più piccoli e fragili, riconoscendo che lo siamo anche noi lo siamo. Venendo al mondo, il Signore ci ha indicato la via: diventare come i bambini. È una notizia bella e sempre attuale, apparentemente semplice e in realtà una sfida continua, per questo merita di essere ancora e ancora ripetuta e vissuta, gustata fino in fondo e annunciata. Buon Natale!

 

* L'autore, Padre Giuseppe Riggio, è il consulente ecclesiastico nazionale dell'Ucsi

Ultima modifica: Dom 25 Dic 2022