internet

  • La preghiera del Papa per le reti sociali e per il web

    La preghiera di Papa Francesco per il mese di giugno è dedicata alle reti sociali e al web.

  • La Rai celebra i 50 anni di internet

    La Rai punta molto sulla nuova app Rai Play, che sarà lanciata ai primi di novembre. Intanto celebra i 50 anni dal primo collegamento internet.

  • La responsabilità che Mattarella oggi chiede ai giornalisti

    Durante la tradizionale Cerimonia del Ventaglio, a Roma, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato molto delle possibili (e frequenti) distorsioni dell’informazione:

  • La web tax italiana, la prima in Europa.

    Con il via libera alla legge di bilancio 2018 l’Italia ha introdotto nel suo ordinamento la web tax. E’ il primo paese in Europa e il secondo in area Ocse farlo, alle spalle dell’India.

  • Le informazioni dei giovani passano sempre più attraverso la rete. I dati di una nuova ricerca.

    Gli studenti universitari guardano sempre meno TV: emerge da una ricerca di “Pubblicità Progresso” e Assirm. Meno della metà ne fruisce quotidianamente, mentre una vasta maggioranza (82,3%) la guarda solo una volta la settimana. Film (75,5%) e serie tv (69,2%) sono i contenuti preferiti dal panel intervistato. News e telegiornali si posizionano invece al terzo posto.

  • Le notizie false preoccupano otto cittadini su dieci.

    Cresce nel mondo la preoccupazione per le 'fake news', la bufale online su cui ormai si sono accesi i riflettori. È quel che emerge da un sondaggio condotto per conto della Bbc in 18 Paesi (tra i quali non c'è l'Italia), secondo il quale quasi 8 utenti su 10 si dicono preoccupati per quello che può essere vero o falso online, ma la maggior parte è riluttante all'idea di una regolamentazione di internet da parte dei governi.

  • Le nuove sfide (anche economiche) dell'informazione di qualità.

    I giornali non scompariranno ma sempre meno gente sarà disposta a spendere per l’informazione di qualità. Secondo un recente sondaggio della Reuters sul futuro dell’informazione, solo il 12% è convinto che le testate più autorevoli scompariranno, l’11% tra i millennials.

  • Le previsioni di crescita del mercato dei media in Italia

    PwC ha presentato il rapporto Entertainment & Media Outlook in Italy 2017-2021. Ecco le principali conclusioni,

  • Libertà su internet, Italia al settimo posto

    La libertà su internet? Si registra soprattutto in Islanda ed Estonia. In fondo alla classifica ci sono Cina e Iran. Anche la pandemia, in alcuni casi, è servita per limitare l’utilizzo della Rete.

  • Lieve flessione della pubblicità su internet nel 2022

    La pubblicità su internet aumenta, a scapito degli altri mezzi, ma forse non vola più.

  • Media, il mercato è in rialzo. Ma le stime sono inferiori alle attese.

    Nei prossimi 4 anni il mercato globale dei media crescerà del 4.2%.La pubblicità online staccherà la tv e i ricavi da vendita dei quotidiani supereranno quelli da adv.
    Nel 2021, il mercato mondiale del settore Entertainment & Media avra' un valore stimato di 2,237 miliardi di dollari, pari a un tasso di crescita annua composto del 4,2% calcolato sulla base di 1,818 miliardi riportata al termine dello scorso anno.

  • Musica e ragazzi - Parlare di pudore senza pudore

    Una sconsolata insegnante di scuola media mi ha riferito ieri che le ragazze della sua classe si esibiscono in atteggiamenti provocanti, nell’abbigliamento, nelle relazioni frontali e sui social networks. In realtà, ho cercato di rispondere, le ragazze non sono così: le ragazze diventano così a causa di un humus culturale ed etico alimentato continuamente dal sistema mass-mediale, quello musicale in primis. Il processo in atto è simile a quello che lo psicologo statunitense Stanley Milgram chiamava, già nel 1961, la generazione di uno “stato eteronomico”, che induce la persona a comportarsi come chiede chi è percepito come autorità in un dato momento o in un certo ambito. Nel campo della musica, la star-cantante diventa perciò l’autorità, che determina non solo la percezione di ciò che è bello, cioè la forma artistica, ma anche di ciò che è vero e buono; in particolare, il sistema delle pop-star americane si presenta oggi come un’uniforme e coerente autorità cui obbedire imitandone gli atteggiamenti, che poi sono quelli rilevati dalla sconsolata insegnante. Per esempio, è notizia di questi giorni l’apparizione senza veli di Demi Lovato, che ha postato su Instagram una foto che poco lascia all’immaginazione per il lancio del nuovo disco. Al senza veli e alla gestualità dai forti richiami sessuali ci ha abituato un’altra pop-star, Miley Cyrus, che si espone nei video musicali (tra tutti, Wrecking Ball), nei programmi televisivi (tra tutti, il World Music Award) e nella quotidianità della vita. Alle danze erotiche (tra cui il twerking) si prestano pop star come Lady Gaga, Katy Perry e, ora, pure Taylor Swift, ritenuta da molti quella che “certe cose” non le fa. Nudità, violenza e linguaggio scurrile sono invece presenti nel video di Rihanna B*** better have my money. Fermiamo qui l’elenco, perché queste poche artiste hanno venduto centinaia di milioni di copie ed i loro video hanno miliardi (sì, miliardi!) di visualizzazioni: tra le visualizzanti ci sono anche le nostre ragazze, per le quali l’autorità è questo manipolo di artiste, mica la scuola, la famiglia o la comunità cristiana, dentro le quali quasi più nessuno le aiuta a discernere e a scegliere, perché “il mondo della musica è così”, frase che segna il fallimento educativo. Per finire e per inciso, alla sconsolata insegnante ho suggerito pure di iniziare a parlare di pudore senza pudore.

    Marco Brusati è il direttore generale dell’Associazione Hope (**), ed è docente e ricercatore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.

    Studia i processi di comunicazione applicata alle esperienze pastorali ed ecclesiali, con particolare riferimento a due ambiti:l’evoluzione dei modelli mass-mediali e la loro influenza nell’educazione di preadolescenti, adolescenti e giovani e l’evento live come strumento privilegiato per un dialogo educativo con le nuove generazioni, anche in risposta alle spinte mass-mediali.

    Ha all’attivo la progettazione e la direzione di grandi eventi ecclesiali come i meeting della CEI per le GMG di Roma (2000), Toronto (2002), Colonia (2005) e Rio de Janeiro (2013); gli incontri di Papa Benedetto XVI con i giovani a Cagliari (2008), a Torino (2010) e l’Incontro mondiale delle famiglie (2012); gli incontri di Papa Francesco con le famiglie (2013), i fidanzati (2014), la scuola (2014) e le società sportive (2014), i giovani a Torino (2015);  con questi eventi ha incontrato oltre 5 milioni di persone. Opera costantemente come formatore e conferenziere.

    ** L'Associazione Hope è stata fondata nel 1998 su iniziativa del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI per il quale ha operato in esclusiva per un decennio, oggi l’associazione Hope è divenuta una rete internazionale di servizio alla Chiesa nei settori della musica, dello spettacolo, degli eventi e della comunicazione mass-mediale. Parallelamente, ha mantenuto fede al suo mandato originario di formare i giovani ad essere artisti e creativi capaci e responsabili, portatori di una visione dell’uomo e della donna illuminata dal Vangelo.

  • Musica e ragazzi - Parlare di pudore senza pudore

    Una sconsolata insegnante di scuola media mi ha riferito ieri che le ragazze della sua classe si esibiscono in atteggiamenti provocanti, nell’abbigliamento, nelle relazioni frontali e sui social networks. In realtà, ho cercato di rispondere, le ragazze non sono così: le ragazze diventano così a causa di un humus culturale ed etico alimentato continuamente dal sistema mass-mediale, quello musicale in primis. Il processo in atto è simile a quello che lo psicologo statunitense Stanley Milgram chiamava, già nel 1961, la generazione di uno “stato eteronomico”, che induce la persona a comportarsi come chiede chi è percepito come autorità in un dato momento o in un certo ambito. Nel campo della musica, la star-cantante diventa perciò l’autorità, che determina non solo la percezione di ciò che è bello, cioè la forma artistica, ma anche di ciò che è vero e buono; in particolare, il sistema delle pop-star americane si presenta oggi come un’uniforme e coerente autorità cui obbedire imitandone gli atteggiamenti, che poi sono quelli rilevati dalla sconsolata insegnante. Per esempio, è notizia di questi giorni l’apparizione senza veli di Demi Lovato, che ha postato su Instagram una foto che poco lascia all’immaginazione per il lancio del nuovo disco. Al senza veli e alla gestualità dai forti richiami sessuali ci ha abituato un’altra pop-star, Miley Cyrus, che si espone nei video musicali (tra tutti, Wrecking Ball), nei programmi televisivi (tra tutti, il World Music Award) e nella quotidianità della vita. Alle danze erotiche (tra cui il twerking) si prestano pop star come Lady Gaga, Katy Perry e, ora, pure Taylor Swift, ritenuta da molti quella che “certe cose” non le fa. Nudità, violenza e linguaggio scurrile sono invece presenti nel video di Rihanna B*** better have my money. Fermiamo qui l’elenco, perché queste poche artiste hanno venduto centinaia di milioni di copie ed i loro video hanno miliardi (sì, miliardi!) di visualizzazioni: tra le visualizzanti ci sono anche le nostre ragazze, per le quali l’autorità è questo manipolo di artiste, mica la scuola, la famiglia o la comunità cristiana, dentro le quali quasi più nessuno le aiuta a discernere e a scegliere, perché “il mondo della musica è così”, frase che segna il fallimento educativo. Per finire e per inciso, alla sconsolata insegnante ho suggerito pure di iniziare a parlare di pudore senza pudore.

     

    * Marco Brusati è il direttore generale dell’Associazione Hope (**), ed è docente e ricercatore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.

    Studia i processi di comunicazione applicata alle esperienze pastorali ed ecclesiali, con particolare riferimento a due ambiti:l’evoluzione dei modelli mass-mediali e la loro influenza nell’educazione di preadolescenti, adolescenti e giovani e l’evento live come strumento privilegiato per un dialogo educativo con le nuove generazioni, anche in risposta alle spinte mass-mediali.

    Ha all’attivo la progettazione e la direzione di grandi eventi ecclesiali come i meeting della CEI per le GMG di Roma (2000), Toronto (2002), Colonia (2005) e Rio de Janeiro (2013); gli incontri di Papa Benedetto XVI con i giovani a Cagliari (2008), a Torino (2010) e l’Incontro mondiale delle famiglie (2012); gli incontri di Papa Francesco con le famiglie (2013), i fidanzati (2014), la scuola (2014) e le società sportive (2014), i giovani a Torino (2015);  con questi eventi ha incontrato oltre 5 milioni di persone. Opera costantemente come formatore e conferenziere.

    ** L'Associazione Hope è stata fondata nel 1998 su iniziativa del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI per il quale ha operato in esclusiva per un decennio, oggi l’associazione Hope è divenuta una rete internazionale di servizio alla Chiesa nei settori della musica, dello spettacolo, degli eventi e della comunicazione mass-mediale. Parallelamente, ha mantenuto fede al suo mandato originario di formare i giovani ad essere artisti e creativi capaci e responsabili, portatori di una visione dell’uomo e della donna illuminata dal Vangelo.

  • Nasce il dominio internet '.radio'

    L’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) ha ufficialmente lanciato sul mercato il dominio .radio, quello creato per la valorizzazione del comparto radiofonico attraverso il web.

  • Noi, la pandemia e la Rete. Come siamo cambiati oggi in Italia

    Tre ore al giorno su internet. La pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani.

  • Nove italiani su dieci si collegano ad internet dal mobile

    Anche ad agosto 43,7 milioni di persone, solo l’1% in meno rispetto al mese di luglio, hanno navigato su internet, in Italia. E il 90% lo ha fatto da device mobile.

  • Oggi non si educa più al vero divertimento, e i media...

    Ormai si educa a tutto, in certi casi si rieduca, ma c’è un aspetto che il mondo educante non sta affrontando: il divertimento. Qualcuno potrebbe obiettare che esistono progetti di educazione al tempo libero, con assessorati e uffici pastorali, ma il tempo libero ed il divertimento hanno, nella testa degli adulti ed in quella dei più giovani, un definizione diversa ed a volte antitetica.
    Ad esempio, il genitore che accompagna suo figlio al campo o in palestra tre volte la settimana per gli allenamenti e nel week-end per la partita, mette tutto in quota-divertimento, mentre per il figlio si tratta di un impegno che magari vive con entusiasmo e passione, ma che non-è divertimento.



    Divertimento è uscire, andare fuori con il gruppo dei pari, stare lontani da tutto ciò che puzza di ordine e regola, siano essi genitori, insegnanti o sacerdoti, percepiti come agenti allergenici e come antidoti al vero divertimento, quello che i mass-media offrono 24 ore al giorno a fasce sempre più precoci di popolazione: ascoltando una canzone o vedendo un video, per esempio, si può facilmente intuire che il divertimento ha due caratteristiche che richiamano l’epoca pagana: è orgiastico e dionisiaco, ovvero è finalizzato alla sovraeccitazione dei sensi e all’andare fuori controllo, in un tempo sospeso, moderatamente o completamente privo di regole. L’archetipo di questa prospettiva è ben rappresentato da We can’t stop, una canzone interpretata da Miley Cyrus: “Questa è la nostra casa, queste sono le nostre regole e non possiamo fermarci e non ci fermeremo, non capisci che è così che si possiede la notte? (...) Siamo tutti così accesi qui”.
    Dobbiamo constatare che le comunità cristiane o gli enti ecclesiali preposti all’educazione alla fede stanno andando in due direzioni opposte, parimenti problematiche. La prima è offrire percorsi catechetici, sacramentali, come pure di animazione senza prestare interesse a dove vanno e cosa fanno per divertirsi quegli stessi adolescenti e giovani che ufficialmente vi partecipano. La seconda è riproporre nelle comunità cristiane o in occasione di eventi ecclesiali, quegli stessi modelli di divertimento che adolescenti e giovani possono trovare anche fuori, con la falsa aspettativa che “così si divertono e rimangono con noi”.
    Don Bosco, che la sapeva lunga anche rispetto a molti soloni contemporanei, con l’oratorio evitava che i giovanissimi stremati dal lavoro o abbandonati a loro stessi si ubriacassero nelle piole, le osterie cittadine. Il suo esempio indica che il punto di arrivo è una comunità cristiana capace di fare argine allo strapotere attrattivo e parimenti distruttivo dei modelli di divertimento più diffusi. Ma c’è un primo passo da fare: convincersi che, a partire dalla tarda infanzia, educare al divertimento è parte integrante del progetto educativo cristiano.

    (*) Marco Brusati è il direttore generale dell’Associazione Hope (**), ed è docente e ricercatore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.

  • Oggi non si educa più al vero divertimento, e i media...

    Ormai si educa a tutto, in certi casi si rieduca, ma c’è un aspetto che il mondo educante non sta affrontando: il divertimento. Qualcuno potrebbe obiettare che esistono progetti di educazione al tempo libero, con assessorati e uffici pastorali, ma il tempo libero ed il divertimento hanno, nella testa degli adulti ed in quella dei più giovani, un definizione diversa ed a volte antitetica.
    Ad esempio, il genitore che accompagna suo figlio al campo o in palestra tre volte la settimana per gli allenamenti e nel week-end per la partita, mette tutto in quota-divertimento, mentre per il figlio si tratta di un impegno che magari vive con entusiasmo e passione, ma che non-è divertimento.



    Divertimento è uscire, andare fuori con il gruppo dei pari, stare lontani da tutto ciò che puzza di ordine e regola, siano essi genitori, insegnanti o sacerdoti, percepiti come agenti allergenici e come antidoti al vero divertimento, quello che i mass-media offrono 24 ore al giorno a fasce sempre più precoci di popolazione: ascoltando una canzone o vedendo un video, per esempio, si può facilmente intuire che il divertimento ha due caratteristiche che richiamano l’epoca pagana: è orgiastico e dionisiaco, ovvero è finalizzato alla sovraeccitazione dei sensi e all’andare fuori controllo, in un tempo sospeso, moderatamente o completamente privo di regole. L’archetipo di questa prospettiva è ben rappresentato da We can’t stop, una canzone interpretata da Miley Cyrus: “Questa è la nostra casa, queste sono le nostre regole e non possiamo fermarci e non ci fermeremo, non capisci che è così che si possiede la notte? (...) Siamo tutti così accesi qui”.
    Dobbiamo constatare che le comunità cristiane o gli enti ecclesiali preposti all’educazione alla fede stanno andando in due direzioni opposte, parimenti problematiche. La prima è offrire percorsi catechetici, sacramentali, come pure di animazione senza prestare interesse a dove vanno e cosa fanno per divertirsi quegli stessi adolescenti e giovani che ufficialmente vi partecipano. La seconda è riproporre nelle comunità cristiane o in occasione di eventi ecclesiali, quegli stessi modelli di divertimento che adolescenti e giovani possono trovare anche fuori, con la falsa aspettativa che “così si divertono e rimangono con noi”.
    Don Bosco, che la sapeva lunga anche rispetto a molti soloni contemporanei, con l’oratorio evitava che i giovanissimi stremati dal lavoro o abbandonati a loro stessi si ubriacassero nelle piole, le osterie cittadine. Il suo esempio indica che il punto di arrivo è una comunità cristiana capace di fare argine allo strapotere attrattivo e parimenti distruttivo dei modelli di divertimento più diffusi. Ma c’è un primo passo da fare: convincersi che, a partire dalla tarda infanzia, educare al divertimento è parte integrante del progetto educativo cristiano.

    (*) Marco Brusati è il direttore generale dell’Associazione Hope (**), ed è docente e ricercatore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.

    vedi anche la video-intervista: https://youtu.be/jrD1hfz05UM

  • Possibile staccarsi da internet? Ecco il 'disconnect day'.

    Possibile disconnettersi per un giorno da internet? Sì, almeno se si aderisce all’iniziativa del ‘Disconnect Day’, che si svolge oggi 11 maggio a Corinaldo (Ancona).

  • Privacy: le nuove regole dell'Unione Europea

    Proprio mentre esplodono nuovi scandali anche in Italia, la Commissione Europea introduce le nuove regole sulla protezione dei dati, andando dunque incontro alle richieste del 92% dei cittadini che, nel Vecchio Continente, ritengono “importante mantenere la riservatezza delle e-mail e dei messaggi online”...