L'evoluzione (in Italia) del sistema radiotelevisivo

Lo abbiamo scritto nel precedente articolo (vedi qui): la Corte Costituzionale ha svolto una funzione centrale per l’affermazione dell’art.21, sia perché ha conferito alla libertà di espressione uno status degno dei più alti e nobili principi democratici, sia perché ha contribuito a mantenere aggiornato il diritto, al passo con le necessità della società.

Tra i principali temi, dal secondo dopoguerra in poi, ci sono l’avvento e l’adeguamento del sistema radiotelevisivo italiano. Con il passare degli anni infatti, il progresso tecnologico ha inciso notevolmente sull’informazione portando il sistema radiotelevisivo ad essere il mezzo di informazione per eccellenza.

Il primo riconoscimento giuridico sul tema risale al tempo del fascismo. Nel R.d. n.645/1936, - all’interno del Codice postale - si sanciva la riserva dello Stato verso i servizi di radio e telecomunicazione e la loro gestione a una società a partecipazione pubblica. Questa scelta politica rimase immutata fino al 1975, data della prima legge organica sul servizio radiotelevisivo.

Certo, nel corso del tempo, il sistema si è andato via via articolando. Il D.l. n.478/1947 ha posto sotto il controllo del Ministero per le poste e le telecomunicazioni la società concessionaria del sistema radiotelevisivo e ha previsto l’istituzione di una Commissione parlamentare di vigilanza, per garantire un’informazione obbiettiva e imparziale dalla politica. La stessa nascita della RAI nel 1952 segna un’altra tappa pensata come società per azioni a partecipazione statale (per il 99.55% sotto il controllo dell’IRI). Così come l’introduzione nel 1938 del canone, successivamente canone RAI, per contribuire alle entrate dell’azienda.

Questo sistema ha retto fino agli anni 70 del secolo scorso. Il monopolio dello Stato relativo alla trasmissione del segnale televisivo veniva considerato più che opportuno in quanto l’etere era considerato un bene limitato e la tecnologia non garantiva un ampio accesso alla diffusione; oltretutto, in quanto limitato, avrebbe permesso l’accesso a pochi, favorendo un mercato di oligopolio.

Un’altra tappa fondamentale è la sentenza n.225/1974 che si pronunciò sull’esistenza e la detenzione di apparecchi radio non denunciati. I giudici ribadirono il monopolio statale nei confronti dei mezzi di trasmissione televisiva, ed affidarono alla responsabilità del legislatore il compito di garantire la massima obbiettività e completezza di informazione e di usufruire di tutte le capacità che la tecnologia dell’epoca disponeva, per rendere il diritto di accesso all’informazione il più ampio possibile.

È all’interno di questo contesto che va inquadrata la legge n.105/1975. Questa prevede l’istituzione di una Commissione parlamentare con lo scopo di garantire il pluralismo e l’informazione libera, completa e imparziale. La sua istituzione è rilevante, la competenza in materia radiotelevisiva si sposta dal Governo al Parlamento, rispettando le indicazioni della Consulta nella sentenza n.225/1975: il rispetto del principio del pluralismo interno. Da qui discende l’art. 1 della legge n.105/1975 che garantisce «l’interdipendenza, l’obiettività e l’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione» come «principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico».

Con questa legge poi si inserisce anche la lottizzazione della politica all’interno della RAI, che ha garantito alle principali forze politiche del Paese, DC – PCI – PSI, le nomine dei vertici dell’azienda.

L’anno 1975 è “l’anno zero” per le riforme politiche del sistema radiotelevisivo. Il monopolio di stato sul sistema radiotelevisivo si mantiene con piccole deroghe, ma allo stesso tempo vennero poste le basi per la garanzia del principio del pluralismo, fondato sugli articoli 21, 41 e 43 della Costituzione. Sarà questo il “principio cardine” oggetto delle future sentenze della Corte Costituzionale in materia di trasmissione radiotelevisiva.

Leggi le altre puntate del dossier sull'articolo 21 della Costituzione (di Marco Fornasiero)

qui il link alla numero 3 - L'articolo 21 e i padri costituenti

qui il link alla numero 2 - dove affonda le sue radici l'articolo 21

qui il link alla prima - il diritto all'informazione, termometro della democrazia

 

Ultima modifica: Lun 3 Giu 2019