La rete che può salvarci dalla crisi (anche etica)

Tra poco si riprende - chi è riuscito ad andare in ferie - con le ansie e le preoccupazioni di ritrovare condizioni di lavoro peggiorate. Non ci sono solo crisi aziendali. Ci sono giornali che stanno bene, con fatturati aziendali anche in aumento, che però riducono i compensi, perchè l’obiettivo dichiarato, ormai è massimizzare i profitti colpendo chi lavora. E se la qualità del prodotto si riduce drasticamente, pazienza.

Come se ne può uscire? Non è semplice. I giornalisti, tuttavia, non possono solo subire, hanno il compito, da una parte, di fare il loro mestiere, anzi, di svolgere la loro professione; dall’altra, di non farsi umiliare, perchè - spesso - anche di questo si tratta.

Occorre, secondo me, una grande alleanza, una specie di solidarietà nazionale, certamente un cambiamento di schema, o di paradigma, come si dice spesso oggi.

Occorre, certo, alzare la testa, ma anche costruire, con l’opinione pubblica, con le agenzie educative, con la scuola innanzitutto, un percorso che renda trasparente una convinzione: se l’informazione viene mortificata, è il paese intero a pagarne le conseguenze, è la salute della democrazia a venirne compromessa.

L’Ucsi, nel suo piccolo, è convinta che occorra attivare un processo probabilmente lungo e complesso, di riscatto di alcuni diritti fondamentali, ad informare e essere informati.
Un processo che coinvolga le comunità, le scuole, le parrocchie, i centri sociali, intesi come luoghi dove ancora si discute, si elabora, si fa circolare il pensiero.

Occorre rafforzare la sinergia con gli enti professionali di categoria, Ordine e sindacato, ma anche cogliere segnali molto importanti di quei soggetti che ci portano a recuperare una dimensione etica che sembra evaporata.

Davanti a tanto sconforto, è invece confortante notare come l’alleanza fra Ordine, Fnsi, Ucsi e fermenti crescenti, come ad esempio il Constructive Network, Slow Journalism, Mezzopieno, abbia portato a riaffollare le platee dei nostri corsi di aggiornamento professionale, ringiovanendole, e aprendole dove è possibile alla gente comune. Ecco, la strada è questa: rimettere al centro i diritti, ma soprattutto le persone, con i loro diritti, può essere la carta vincente per una nuova stagione.

Conforta anche che questi processi, oggi da noi considerati improduttivi, oltreoceano invece siano stati ‘sposati’ dagli editori, perché riavvicinano la gente all’informazione, e quindi fanno vendere di più.

E allora dico: se l’editoria attuale fa fatica a entrare in queste frequenze, con tanti giovani che hanno una grande motivazione nel cambiamento, creiamo una ‘nuova’ editoria, tante microtestate che facciano rete, una rete ‘pulita’ e più energetica. Proviamo, per credere.

Ultima modifica: Sab 2 Set 2023