Le sfide dei giornalisti nel raccontare le povertà

“Non distogliere lo sguardo dal povero”, scrive papa Francesco, riprendendo il libro di Tobia, nel messaggio di quest’anno per la giornata mondiale dei poveri, uno dei ‘frutti’ del Giubileo della Misericordia.

Le sue parole richiamano anche noi giornalisti al dovere di “incontrare ogni povero” e “ogni tipo di povertà”, scuotendo “l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo ad un illusorio benessere”.

Per ogni giornalista l’incontro naturalmente è il primo passo. Poi c’è il racconto. E raccontare giornalisticamente le nuove povertà non è facile, richiede conoscenza e attenzione, studio ed empatia. E non è facile neppure dare il taglio giusto a queste notizie, sforzandosi di evitare ogni forma di retorica e di sterile pietismo. O, rischio opposto, una dannosa spettacolarizzazione e sovraesposizione del “povero”.

E’ una sfida complessa anche perché lo è, ogni giorno di più, questo fenomeno: i giovani sono più poveri dei loro genitori e anche dei nonni, il lavoro (di per sé certo una grande ricchezza) da solo per molti non è più sufficiente, si riacutizza un divario culturale significativo tra chi può studiare e chi no.

Eppure, scrive ancora papa Francesco, “viviamo un momento storico che non favorisce l’attenzione verso i più poveri. Il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà..

Basta fare un giro con i volontari della carità che, nelle nostre parrocchie, portano vestiti e pacchi alimentari, per rendersi conto che le cose sono molto cambiate. A fare la fila, con il volto coperto per un sussulto di dignità, ci sono persone che non ti immagineresti mai. Ci parli e scopri che la vita li ha incastrati senza preavviso, hanno perso il lavoro, la casa, gli affetti, e ora stanno rinunciando anche alla speranza. Quelli sono poveri veri, non “immagini che possono commuovere per qualche istante, ma quando si incontrano in carne e ossa per la strada allora subentrano il fastidio e l’emarginazione".

Noi non possiamo restare indifferenti. Non possiamo, nei nostri articoli o servizi, parlare solo d’altro. Stiamo entrando nel periodo più ‘consumistico’ dell’anno, ma nel mondo di oggi, nell’Italia di oggi, oltre alle luci dell’albero, alle meraviglie della tecnologia, alle lusinghe del black friday, c’è anche chi potrà solo guardarle, quelle cose. Con invidia o rassegnazione non lo so, ma so per certo che il dovere di un giornalista, in ogni media, è quello di raccontare anche l’altra realtà, sempre più grande e significativa.

Non ho nessuna soluzione pronta. Condivido per le tre scelte che, nel mio piccolo, ho cercato di fare: coinvolgere le associazioni di volontariato che si occupano di questi temi, puntando molto sul ‘racconto giornalistico delle esperienze’; evidenziare il più possibile nei servizi televisivi i dati (veri, oggettivi) delle diseguaglianze nella società di oggi; ridurre il più possibile i riferimenti alle tendenze del momento (quello zaino griffato, quel telefono di tendenza, quel capo alla moda). Molte volte l’attenzione si è creata davvero nell’opinione pubblica, e qualche cosa si è smosso: insomma ‘i poveri hanno fatto notizia’.

L’ultima sfida, secondo me particolarmente importante, è quella del linguaggio. La scuola, in questo caso, non può che essere quella della strada, o meglio di chi in strada ci va ogni giorno per vedere (e provare a risolvere) quell’emergenza povertà che oggi è sempre più accanto a noi.

Ultima modifica: Sab 18 Nov 2023