Professione

Le notizie che riguardano il giornalismo e la comunicazione

'DIG AWARDS' AL GIORNALISMO D'INCHIESTA A RICCIONE

1aaav Proclamati a Riccione i vincitori dei 'Dig Awards' per il giornalismo internazionale d'inchiesta, nell'ambito del 'Dig Festival' che ha riunito professionisti dell'informazione, produttori tv, broadcaster, fotografi, videomaker e reporter di guerra.    Nella sezione 'Investigative' ha vinto 'The italian handshake' di Ali Fegan e Lars-Goran Svensson (Svezia-SVT 1); 'Long reportage' a '#myescape' di Elke Sasse (Deutsche Welle) e 'Fukushima: a nuclear story' di Matteo Gagliardi con Christine Reinhold e Pio D'Emilia; 'Short reportage' a Valentina Petrini (Piazza pulita-La7) con 'Travelling with the refugees'. Premio digital a 'Ecuador-s secret oil road' di Nina Bigalke (reported.ly), premio 'Data' a 'Fatal extraction' sullo sfruttamento della manodopera nelle compagnie minerarie australiane in Africa. Infine riconoscimento 'Focus on Italy' a 'The organization' di Giuseppe Borello e Andrea Sceresini sulla Chiesa di Scientology a Milano: al progetto 20mila euro per produrre e realizzare l'inchiesta. (ANSA).

UE: LA CRITICA DEI GIORNALISTI DI BRUXELLES, “PORTAVOCE COMMISSIONE EVASIVI”

1aaaydDobe Partners, ha intervistato 80 giornalisti che lavorano a Bruxelles. La maggior parte di loro è insoddisfatta delle risposte dei portavoce e dell’attività dei Pr. Twitter il social più usato.  Un’indagine online, faccia a faccia con lo schermo di un computer. Domande e risposte veloci, per 80 giornalisti che lavorano a Bruxelles e che sono accreditati per entrare in Commissione europea. “Quanto tempo hai per fare ricerca su una storia prima di pubblicarla?”. “Quali sono le maggiori lamentele che hai da fare sui portavoce che interagiscono con te?”. E così via. L’obiettivo: dare un quadro completo di com’è essere un giornalista che lavora nel cuore d’Europa, tra conferenze, punti stampa e ricerca di notizie. I risultati, pubblicati da Dober Partners, non si possono definire incoraggianti. A pensare lo studio è stato il professore esperto di media e direttore di Clear Europe, Gareth Harding. Alla sua prima domanda, quella che su quanto tempo hanno a disposizione i reporter per lavorare su una storia, la maggior parte degli intervistati (30%) ha risposto “dalle 3 alle 4 ore”. Un tempo stretto, spesso insufficiente per approfondire le questioni quanto meriterebbero. Non va meglio per i rapporti con i portavoce della Commissione europea. I giornalisti li ritengono “troppo evasivi”. Detto più chiaramente: non rispondono alle domande. E ancora, contattano i media troppo tardi perché possano scrivere storie approfondite oppure non riescono a dare citazioni utili. I problemi non ci sono solo con i portavoce ma anche con tutti quelli che si occupano delle relazioni pubbliche. Il 54% dei giornalisti interpellati ritiene che i Pr non conoscono i bisogni del mondo delle redazioni. Tant’è che punti stampa o comunicati non sono in cima alla classifica delle fonti preferite dai reporter. Al primo posto ci sono i contatti personali, seguiti dagli eventi, che poi sono le occasioni per conoscere nuove fonti. Anche i social, negli ultimi anni, hanno acquistato importanza, Twitter su tutti. È fonte e insieme archivio. Poi ci sono i blog, Facebook, Youtube e LinkedIn. Ma quello che più influenza, in negativo, il lavoro della stampa europea è la pressione. Il 61% dei giornalisti deve produrre da una a tre storie al giorno. Alcuni (il 5%) arrivano a doverne scrivere anche otto. E lo fanno dopo aver letto e selezionato tra i 21 e i 50 comunicati stampa, in un giorno. (UENEWS)

ANCORA UN GIORNALISTA UCCISO IN MESSICO, DENUNCIA SINDACATO AMERICA LATINA E CARAIBI

1aaasa-vertAncora un giornalista ucciso in Messico. A dare la notizia è la Federazione dei giornalisti dell'America Latina e dei Caraibi (Fepalc) «scioccata - si legge in una nota - dal nuovo delitto ai danni di un cronista messicano». L’ultima vittima della violenza nel Paese centroamericano si chiamava Elidio Ramos Zárate, del quotidiano El Sur, assassinato il 19 giugno nello Stato di Oaxaca dopo aver seguito le proteste degli insegnanti contro la riforma della scuola pubblica. Come denunciato dal direttore del quotidiano El Sur, alla vigilia della manifestazione Ramos Zarate aveva ricevuto minacce in cui gli si intimava di non dare conto degli scontri che si sarebbero verificati durante i giorni della mobilitazione a Oaxaca. Ramos Zarate è il terzo giornalista ucciso nello Stato di Oaxaca da inizio anno. Il 21 gennaio è stato assassinato Marcos Hernandez Bautista, corrispondente del quotidiano Noticias Voz e Imagen, mentre il 22 gennaio è stato ritrovato morto Reinel Cerqueda Martinez, giornalista e conduttore di vari programmi della radio El Manantial. «In Messico – denunciano la Federazione dei giornalisti dell'America Latina e dei Caraibi e il Sindacato messicano dei giornalisti della stampa (Snpr) – l'impunità è ormai diventata una prassi. Per questo chiediamo una reazione esemplare del governo messicano che deve assumersi le proprie responsabilità, dare il via ad un'indagine che faccia immediata luce su quanto è accaduto e assicurare alla giustizia i colpevoli dei questa mattanza di giornalisti. Solo così si può tentare di porre un argine a questo spargimento di sangue.  Gli assassini di giornalisti devono sapere che le loro pressioni per mettere a tacere la stampa critica non resteranno impunite». Nel condannare l’omicidio di Elidio Ramos Zárate e gli scontri verificatisi nel corso delle manifestazioni di protesta contro la riforma della scuola nello Stato di Oaxaca, la Fepalc chiede infine alle autorità di mobilitarsi per individuare e consegnare alla giustizia gli autori delle violenze e di attivarsi a tutela dell’incolumità di giornalisti, fotoreporter e altri operatori dei media chiamati a raccontare episodi come quello costato la vita al giornalista Ramos Zárate. (FNSI)

RAI, USIGRAI: SCONCERTO PER L’ENNESIMA INFORNATA DI ESTERNI. LA TRASFORMAZIONE DOV’È?

1aaay4«Apprendiamo con stupore e sconcerto le indiscrezioni sui nuovi palinsesti che trapelano dai giornali e che sembrano ancora una volta rispondere a logiche ben precise: mortificazione dei professionisti interni, strapotere di agenti esterni. E la trasformazione dov'è? Quella esibita dai vertici ad ogni occasione per rilanciare la Rai Servizio Pubblico nel presente e nel futuro, dov'è?». Così l’esecutivo dell’Usigrai commenta le ultime novità che riguardano l’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo. Una trasformazione che il sindacato dei giornalisti Rai chiede da tempo e che «pretendiamo oggi – prosegue la nota dell’Usigrai – perché in gioco più che mai c'è il futuro dell'informazione di servizio pubblico, di quest'azienda e delle sue professionalità». Mentre quel che emerge dalle indiscrezioni di stampa è, ancora una volta, un'altra «incomprensibile infornata di esterni. Strada percorsa fin dall'inizio dalla dirigenza e che già negli anni scorsi si è ampiamente dimostrata fallimentare». Di più: «In molti casi – sottolinea l’Usigrai – l'arrivo di esterni ha coinciso con flop o inedite sconfitte. E invece molte trasmissioni di successo fatte per le reti sono condotte da giornalisti interni. Vediamo la vecchia abitudine di mortificare le professionalità interne per premiare chi viene da fuori. E per questo i soldi si trovano. Non si trovano invece per il cambiamento. Non si trovano per una rivoluzione a cui i giornalisti Rai sono pronti da anni. Come ormai invocato da tutti, dirigenza compresa, la rapidità di trasformazione è necessaria per non perdere altro tempo prezioso». L’esecutivo del sindacato aziendale lancia quindi un appello: «Noi siamo pronti per scelte condivise nell'interesse dei cittadini, dell'azienda e di chi ci lavora. Quindi prima e meglio. Ritenevamo e riteniamo ancor più oggi che questa doveva essere la stagione della radicale riforma editoriale». I vertici dell’Usigrai invocano una trasformazione, «e invece – osservano – siamo di fronte alla ennesima stagione di esterni e nomine». (USIGRAI)

IL FUTURO DEL GIORNALISMO AL HOMEPAGE FESTIVAL

1aaasbHomepage Festival torna a interrogarsi sul futuro del giornalismo. Il punto di riferimento per l’aggregazione giovanile organizza il 27 giugno alle 21, alla Corte di Palazzo Morpurgo di Udine, un dibattito tra due grandi protagonisti del giornalismo italiano e della comunicazione: Francesco Costa e Ivan Vadori.  L’incontro, inserito all’interno del calendario di Udinestate 2016 e svolto in collaborazione con il Comune di Udine, si intitola “Caccia al tesoro – Alla ricerca di una corretta informazione” e proverà a offrire una chiave di lettura sul mondo del giornalismo, che ha un grande bisogno di rinnovamento. Il contesto in cui un giornalista opera è infatti completamente cambiato. Internet e le nuove tecnologie ci offrono ogni giorno nuove opportunità di confronto e approfondimento, e con nuovi canali come Instagram, Snapchat, Facebook e Twitter lo scambio di informazioni ha raggiunto una velocità fino a poco tempo fa impensabile. Ma come fa un giornalista a svolgere al meglio il proprio lavoro se una notizia diventa vecchia in pochi secondi e se poche persone sono disposte a pagare per una corretta informazione? Come fa un lettore a fidarsi di quello che legge? E qual è il ruolo del giornalismo italiano, posizionato in fondo alle classifiche di libertà di stampa e spesso influenzato da organismi di pressione, criminalità organizzate e corruzione? Sono solo alcune delle domande a cui Costa e Vadori proveranno a rispondere, proponendo il loro punto di vista frutto di esperienze diverse. Costa è vice direttore de Il Post, testata online nata nel 2010, diretta da Luca Sofri e spesso attenta all’evolversi del mondo del giornalismo nazionale ed internazionale. Oltre ad essere l’autore di una delle newsletter più seguite in Italia riguardante le elezioni americane del 2016, ora realizzata anche sotto forma di podcast, Costa è convinto sostenitore di un giornalismo di qualità, visto come unica soluzione per distinguersi all’interno di un settore che sta vivendo una delle più grandi crisi della sua storia. Vadori, invece, è originario di Pordenone e, oltre ad essere collaboratore de Il Fatto Quotidiano e titolare dell’agenzia di comunicazione Eikon Agency, è il regista del documentario “La Voce di Impastato”, dedicato alla figura di Peppino Impastato, al suo impegno nella lotta alla mafia e alla ricerca della verità. Il documentario è stato portato in un tour mondiale, che ha toccato città come Londra, Parigi e Barcellona. Vadori è poi impegnato attivamente nel Presidio di Libera “Giancarlo Siani” di Portogruaro. (FRIULI.IT)