Social e video, facciamo comunità e abitiamo il nostro silenzio

Incontrarsi online è strano. Però, in questo momento, poterlo fare diventa un’occasione preziosa di ascolto reciproco: un modo alternativo per fare comunità. È con questo spirito che Ucsi Friuli Venezia Giulia ha proposto ai propri aderenti un paio di iniziative per accompagnare quell’#iorestoacasa in questo momento così necessario.

Innanzitutto si è pensato ad un modo per abitare il silenzio che, in modalità diverse, ci troviamo a vivere nella nostra abitazione, nel nostro lavoro, nelle nostre riflessioni personali: un silenzio che può farsi spazio comune quando è condiviso.

Allora ecco un Tweet al mattino su #ParolaeSilenzio, per offrire uno spunto, tarato sempre sulla realtà giornalistica, a partire dalla Parola di Dio, e un Tweet al pomeriggio su #ParoleSulSilenzio, per dare voce alle parole scritte nella letteratura proprio sul tema del silenzio. La sintesi richiesta da Twitter aiuta a ponderare le parole, letteralmente a contarle. Per entrare nel silenzio di ciascuno con delicatezza.

In secondo luogo, si è pensato di riproporre, stavolta in videoconferenza, la già sperimentata formula dell’AperiUcsi: un momento per raccontarsi come si vive la professione nell’emergenza sanitaria e di cosa si sta scrivendo (per chi ancora riesce a lavorare), condividere eventuali notizie “di prima mano” e narrare anche il proprio vissuto personale. Si è partiti in punta di piedi, ma la prima risposta è stata consolante: una decina di aderenti collegati insieme si sono ascoltati per quasi un’ora e mezza con interesse e gratitudine, tanto da chiedersi di poter ripetere l’esperienza.

Per chi si occupa di sport e cultura il lavoro in questo momento è fermo, soprattutto per la mancanza di eventi da narrare, ma emerge sempre qualche storia interessante. Per chi si occupa di esteri e politica estera le notizie non mancano e l’eco che giunge da paesi lontani parla di impatti sociali devastanti, soprattutto per i Paesi che solo per condizioni igieniche ed economie deboli erano già in difficoltà prima di questa emergenza. C’è chi racconta di Paesi africani nei quali inizia a mancare l’acqua, per esempio...

Diversi raccontano che le rispettive testate sono molto concentrate sulle notizie relative al Covid-19, ma c’è comunque un’attenzione nel ricordarsi che non esiste solo quello: il tema dei migranti che giungono dalla rotta balcanica, per esempio, ma anche l’attenzione al tema della libertà di stampa e della salvaguardia della democrazia, così come l’approfondimento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni...

Chi lavora per un settimanale cattolico di una minoranza linguistica fa i conti con la possibilità che ad un certo punto, dopo tante interviste e servizi, piano piano le possibilità di nuovi racconti vadano a restringersi. Chi si trova nella condizione di non poter lavorare, opta per mettersi a servizio della comunità attraverso, per esempio, gli uffici stampa solidali oppure si mette alla finestra e osserva. E, se da un lato scopre la bellezza delle piccole comunità che resistono e tengono vivi i legami personali, dall’altro vede che l’emergenza non ha fatto altro che svelare le divisioni pre-esistenti: scorge una politica incapace di andare oltre l’insulto e di avere una progettualità comune. Qualcuno infine sottolinea l’importanza del giornalismo di prossimità, della necessità di arginare il fenomeno delle fake news e l’urgenza di “rifarsi un vocabolario”, fatto di parole ponderate, per raccontare l’emergenza. L’arricchimento è stato tangibile per tutti. Fino a desiderare di rincontrarsi presto. Lontani, ma vicini.

L'autrice, Luisa Pozzar, è presidente dell'Ucsi Friuli Venezia Giulia

Ultima modifica: Sab 4 Apr 2020